DECRETO IMMIGRAZIONE: Un passo avanti rispetto al sistema d’accoglienza attuale ma poteva essere fatto di più

Lo scorso 6 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del decreto su sicurezza ed immigrazione che aveva come obiettivo quello di ripensare e sovvertire il sistema di accoglienza sancito dai cosiddetti Decreti Salvini 

Le disposizioni più duramente criticate dalle più alte cariche politiche e giurisdizionali dello Stato – Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale in testa – sono state modificate ed alcune tutele giurisdizionali prima in vigore, poi abolite con i Decreti Salvini, sono state parzialmente reintrodotte. 

Al di là dei macro-correttivi necessari per ristabilire l’essenzialità del principio di umanità all’interno del sistema d’accoglienza però, la critica mossa al nuovo decreto immigrazione dalle ONG e buona parte della società civile è che il testo avrebbe dovuto abrogare in toto tutto l’impianto normativo messo in piedi dal precedente Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. 

Si tratta dunque di una mera modifica del testo dei decreti sicurezza sulle basi dei rilievi fatti da Mattarella e dalla Corte Costituzionale ma la struttura delineata dagli stessi rimane salda ed invariata. 

Cosa è cambiato 

Una delle norme più attese e che è stata oggetto dei rilievi del Presidente Mattarella, è quella che disciplina le sanzioni relative al divieto di transito delle navi di soccorso nel mare territoriale italiano

Il Presidente della Repubblica infatti aveva posto l’accento sugli ″obblighi costituzionali e internazionali dello Stato in materia di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno″ ed aveva richiesto il passaggio dall’ammenda amministrativa prevista nei precedenti Decreti Sicurezza – che arrivava fino a un milione per chi avesse salvato i migranti in mare – alla multa compresa tra 10 e 50 mila euro, applicabile solo al termine di regolare processo penale e quindi solo a seguito che un giudice abbia preso in esame il caso concreto e vi sia stato opportuno contraddittorio. 

Alla luce di ciò la nuova normativa statuisce che, nel caso in cui ricorrano i motivi di ordine e sicurezza pubblica o di violazione delle norme sul traffico di migranti via mare, il provvedimento di divieto sia adottato, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture, previa informazione al presidente del Consiglio.  

Il nuovo testo inoltre afferma che, per le operazioni di soccorso, la disciplina di divieto non si applicherà nell’ipotesi in cui vi sia stata la comunicazione dell’avvio dell’operazione di soccorso al centro di coordinamento ed allo Stato di bandiera e siano rispettate le indicazioni della competente autorità per la ricerca ed il soccorso in mare.  

Qualora una nave in procinto di prestare soccorso viola tale divieto e/o non rispetta le condizioni necessarie per poterlo non rispettare – continua il decreto immigrazione – è prevista la reclusione fino a due anni e una multa da 10.000 a 50.000 euro, così come previsto dall’ordinario Codice della Navigazione. Scompare invece l’obbligo di sequestro della nave. D’altro canto, sono eliminate le sanzioni amministrative introdotte dai Decreti Sicurezza e che avevano solo un effetto punitivo nei confronti di chi prestava soccorso in mare – esattamente come auspicato da Mattarella. 

Altro provvedimento grandemente dibattuto dell’impianto deciso dall’ex Ministro Salvini è stato quello che ha di fatto eliminato la possibilità per i richiedenti asilo di poter ottenere un permesso di protezione umanitaria. Detto provvedimento infatti non solo non ha raggiunto gli obiettivi per il quale era stato emanato, bensì ha aumentato drasticamente il numero di stranieri irregolari nel paese ed ha privato “dal giorno alla notte” coloro i quali erano in possesso di un regolare permesso di soggiorno, di ogni appiglio di legalità facendo sì che gli stessi non potessero più essere ospitati nei centri di accoglienza. 

Secondo l’impianto stabilito dai Decreti Salvini dunque, il divieto di espulsione e respingimento si applicava solo nel caso in cui il rimpatrio avesse potuto determinare per l’interessato il rischio di tortura. Il recentemente adottato decreto immigrazione invece, aggiunge a quest’ipotesi anche i casi in cui vi sia il rischio: 

  • che lo straniero sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti  
  • di violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare.  

Qualora lo straniero rientri in una delle ipotesi secondo le quali non può essere espulso o respinto, il decreto immigrazione prevede che gli venga rilasciato un nuovo tipo di permesso di soggiorno che è stato denominato permesso di soggiorno per protezione speciale – che in parte richiama l’ormai abrogato permesso di soggiorno per protezione umanitaria. 

Questa non è l’unica modifica al sistema dei permessi di soggiorno introdotta dal nuovo decreto immigrazione. Il nuovo testo infatti estende le categorie di permessi di soggiorno rilasciati per altre ragioni in permessi di lavoro.  

Sono attualmente convertibili in permessi di lavoro, oltre alle ipotesi già previste in precedenza, anche i permessi rilasciati per:  

  • protezione speciale; 
  • calamità; 
  • residenza elettiva; 
  • acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide; 
  • attività sportiva; 
  • lavoro di tipo artistico; 
  • motivi religiosi; 
  • assistenza ai minori. 

Anche se non esplicitamente direttamente connesso al tema migratorio, tra le nuove disposizioni introdotte dal decreto immigrazione vale la pena menzionare anche il rafforzamento del “Daspo urbano”.  

Questo istituto giuridico rende possibile per il Questore l’applicazione del divieto di accesso nei locali pubblici anche nei confronti dei soggetti che abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Secondo il nuovo decreto immigrazione, chiunque violi il divieto rischia la pena della reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 euro.  

Dal momento che il rafforzamento della misura è direttamente connesso alla cessione delle sostanze stupefacenti e lo stesso figura essere uno tra i reati maggiormente commessi dai cittadini stranieri – che spesso vengono sfruttati dalle mafie locali e/o dalle nascenti mafie africane -, è una norma destinata ad avere grande impatto sulla popolazione migrante. 

Altra norma del decreto immigrazione che riforma il sistema giudiziario è quella che sancisce un nuovo tipo di reato: quello commesso da chi introduce in carcere un cellulare e lo fornisce al detenuto. La pena in questo caso da va 1 a 4 di reclusione sia per chi lo introduce che per chi lo riceve. Precedentemente invece, questa fattispecie si configurava solo come illecito disciplinare e conseguentemente la sua sanzione derivava dal regolamento interno del carcere. La pena detentiva aumenta – andando dai 2 ai 6 anni – qualora il condannato sia in regime di 41 bis. 

Degna di nota poi, è la cosiddetta “Norma Willy” introdotta anche questa dal decreto immigrazione. 

Secondo detta disposizione, si inaspriscono le pene per i soggetti coinvolti in risse e si prevede che, nel caso in cui qualcuno rimanga ucciso o riporti lesioni personali, i partecipanti alla stessa saranno punibili per il semplice fatto di avervi partecipato e la sanzione prevista è quella della reclusione da un minimo di sei mesi ad un massimo di sei anni.  

Quali sono le critiche 

Seppur introducendo importanti modifiche, gli operatori del settore dell’accoglienza hanno sollevato opportune e puntuali critiche proprio perché questo testo non ha sancito la riforma che si era promessa bensì si è limitata ad apportare dei meri correttivi. 

Tra le varie critiche mosse dagli esperti, è utile riportare quelle principali per dare un’idea nel concreto di quanto poco effettivamente sia cambiato con l’introduzione del nuovo decreto immigrazione. 

Con riferimento alla drastica riduzione delle sanzioni alle ONG che operano il soccorso in mare, i portavoce delle principali organizzazioni hanno dichiarato di non capire per quale motivo sia rimasto in piedi un meccanismo sanzionatorio per un illecito che non si è mai verificato – come dichiarato dai rilievi del Capo dello Stato e dal testo del decreto immigrazione stesso. Il rischio sanzionatorio infatti si sposta dal piano amministrativo a quello penale che, pur introducendo la garanzia dell’intervento del giudice, rischia comunque di agire come deterrente e di limitare l’accesso alle acque territoriali italiane nonostante non ci siano prove dell’effettiva commissione di illeciti effettivamente da parte delle ONG che prestano soccorso in mare. 

In riferimento alla disposizione del decreto immigrazione che sancisce la fine del sequestro delle imbarcazioni utilizzate per le operazioni di soccorso in mare a patto che le organizzazioni informino ogni volta le autorità locali competenti poi, anche questa sembra essere una norma controversa per ragioni di opportunità geopolitica in quanto le navi delle ONG non sono disposte a prendere comandi dalle autorità libiche – non ritenendo la Libia un porto sicuro dove far sbarcare i migranti. 

Prive di effettività appaiono poi le norme del decreto immigrazione che ampliano le ipotesi in cui è possibile applicare il Daspo urbano e quelle che inaspriscono le pene per il reato di rissa. 

Se non si investe nella promozione dei valori del rispetto e della non discriminazione e permanendo ancora la penalizzazione dell’ingresso irregolare, tale norma non produrrà alcun tipo di cambiamento sociale e radicale come invece appare necessario ed urgente vista la crescente ondata d’odio e xenofobia che sta caratterizzando il nostro paese negli ultimi anni

Una “mezza vittoria” appare poi essere quella sulla riduzione dei tempi per richiedere la cittadinanza. 

Se è vero che i decreti Salvini avevano allungato da 2 a 4 anni i tempi della richiesta, il nuovo decreto immigrazione accorcia i tempi a 36 mesi dalla data di presentazione della domanda anziché tornare al vecchio impianto originario dei 2 anni. Questo crea molti problemi a coloro i quali sono in attesa dell’esito della domanda perché non potranno compiere tutta una serie di adempimenti necessari per ultimare al meglio la propria integrazione nel territorio, come rilevato anche dalla Corte Costituzionale. Questa dunque è l’ennesima dimostrazione del fatto che il decreto immigrazione cerca di rispettare, seppur riformandolo, l’impianto normativo dei decreti sicurezza anziché farsi promotore di un nuovo approccio che riforma radicalmente il sistema dell’accoglienza così come lo conosciamo oggi. 

Da ultimo, il nuovo testo è fortemente criticato perché ancora non sono stati creati canali legali per poter raggiungere l’Italia e inoltre sono stati mantenuti gli accordi con la Libia, considerato uno dei paesi più pericolosi al mondo. 

Sicuramente quindi la modifica al sistema di accoglienza apportata dal decreto immigrazione era necessaria. Il testo però ha completamente mancato l’obiettivo principale, di fatto lasciando inalterato l’impianto dei vecchi decreti sicurezza che tanta instabilità ed irregolarità hanno prodotto per poter rispondere alle esigenze di un meccanismo propagandistico che altrimenti non avrebbe avuto ragione di esistere. 

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