RIMPATRIO VOLONTARIO ASSISTITO: una nuova ed innovativa tipologia di Accordo promosso dall’Italia

Rimpatrio volontario assistito

La procedura di Rimpatrio Volontario Assistito e Reintegrazione offre ai cittadini dei Paesi Terzi che siano migrati in Europa, l’opportunità di fare ritorno nella loro Patria attraverso un progetto individuale comprensivo di: counselling pre-partenza, assistenza logistica e finanziaria al viaggio, accompagnamento al reinserimento sociale ed economico nel Paese di Origine. Assicurando una qualche garazia di stabilità al rientro a casa infatti, si cerca di stimolare gli stranieri irregolarmente presenti sul territorio di un Paese Membro – e non solo – a far ritorno nel proprio Stato così da diminuire la “pressione migratoria” in Europa.

L’Italia è in prima linea nell’attuazione di questa procedura, essendo una dei maggiori finanziatori del relativo fondo europeo, da un lato, ed una dei Paesi più interessati dalla presenza di migranti irregolari[1] sul proprio territorio, dall’altro. La competenza per la gestione del servizio sul suolo nazionale è del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, co-finanziato dal Fondo Asilo, Migrazione ed Integrazione 2014-2020 ed attuato con la cooperazione dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

Nello specifico, i servizi offerti a titolo gratuito a quei migranti che manifestano la volontà di ritornare nel proprio Paese di Origine sono:

  • Colloquio individuale prima della partenza;
  • Assistenza per il rilascio del documento di viaggio;
  • Copertura dei costi di viaggio;
  • Contributo economico in contanti alla partenza;
  • Contributo economico in beni e servizi nel Paese di Origine, per facilitare l’inserimento socio-lavorativo del migrante.

Fondamentale infatti è proprio l’assistenza sul territorio d’origine in quanto spesso i migranti, una volta rientrati nel proprio Paese, devono fronteggiare gravi situazioni di povertà – dal momento che molti di coloro che decidono di rientrare lo fanno perché non sono riusciti a trovare condizione socio-economiche stabili in Europa -, stigma sociale – poiché spesso si erano rivolti all’intera comunità (non solo a famiglia ed amici) per ottenere un aiuto economico per partire ed ora sono costretti a ritornare con un “nulla di fatto” – e spessissimo traumi – dovuti alle terribili esperienze che hanno dovuto subire durante la tratta.

Tramite questi progetti sul territorio quindi si cerca innanzitutto di fornire loro un’assistenza psicologica dal momento che il sistema sanitario nei Paesi d’Origine è spesso troppo poco sviluppato per prevedere programmi così mirati. Una volta che il migrante ha intrapreso questo percorso poi, si cerca di combattere l’emarginazione sociale e l’indigenza aiutandoli ad individuare le proprie competenze specifiche ed assistendoli nell’avvio di attività imprenditoriali (di qualsiasi natura).

Criticità

Purtroppo però ad oggi, molti dei migranti che hanno usufruito di questa opportunità lamentano di essere lasciati completamente soli una volta rientrati nel proprio Paese.

Non solo non ricevono l’assistenza psicologica necessaria per favorire un buon reinserimento all’interno del tessuto sociale, ma non vengono forniti loro neanche i mezzi di assistenza economica e progettuale promessi – e che spesso sono il motivo determinante per il loro ritorno, in quanto attirati dalla promessa di una maggiore stabilità.

E’ pur vero però, che sempre più migranti stanno cercando di ritornare nei propri Paesi d’Origine e spesso si verifica un “intasamento burocratico” che per essere smaltito, stante oggi la farraginosità e la vaghezza della procedura, richiede tempi alquanto lunghi.

Per questo fondamentale in tal senso, diventa il ruolo delle ONG presenti sul territorio, le quali affiancano le istituzioni nell’elaborazione dei piani individuali e nel relativo monitoraggio della loro buona riuscita. Ma quest’ultime devono fare i conti con la mancanza di fondi – sono finanziate spesso, tranne rare eccezioni, esclusivamente da privati – e conseguentemente il numero di domande che possono elaborare non può essere tale da risolvere il problema dell’ “intasamento” di cui sopra.

Italia cerca di migliorare la situazione

Il 30 gennaio 2020 è stato siglato dal Ministro dell’Interno Italiano, Luciana Lamorgese, e dal Ministro della Sicurezza e della Protezione Civile della Repubblica della Costa d’Avorio, Vagondo Diomandé, una nuova tipologia di accordo di cooperazione tra Stati volto ad innovare e migliorare proprio la procedura del Rimpatrio Volontario Assistito.

Tale accordo è il primo nel suo genere in quanto per la prima volta si dialoga con uno dei Paesi maggiormente interessati dal fenomeno dell’emigrazione verso l’Europa – tra i migranti che arrivano in Italia infatti, circa il 10% arriva dalla Costa d’Avorio – dando così la possibilità ai diretti interessati di delineare specificatamente le problematiche da affrontare sul territorio e di proporre soluzioni che siano effettivamente calibrate per la realtà nella quale si vuole re-inserire il migrante.

Tanti progetti – siano essi gestiti dalle istituzioni internazionali o dalle ONG europee – infatti, falliscono spesso a causa della mancanza di una profonda comprensione del territorio e della cultura della sua popolazione, che impedisce agli operatori di modificare gli schemi precostituiti in base alle reali esigenze sul territorio.

Altro merito di questo nuovo accordo siglato con un Paese direttamente interessato – e quindi, come si è visto, ben consapevole delle effettive esigenze dei propri connazionali – è che viene favorito un maggiore scambio di informazioni su varie tematiche, il che in primis porta ad una velocizzazione delle procedure di rimpatrio.

Per di più, dal momento che il favorire lo scambio di informazioni a livello internazionale con Paesi Terzi avviene soprattutto tramite l’aumento della cooperazione dei servizi di intelligence e di polizia dei due contraenti, un altro degli effetti positivi di questa nuova tipologia di accordo sta nell’aumento delle armi per la lotta al terrorismo internazionale (come vedremo meglio in seguito).

Dettagli Accordo

Nello specifico, le tematiche coperte dall’Accordo siglato lo scorso 30 gennaio sono le due di competenza dei due Ministri Firmatari: Migrazione e Sicurezza.

In merito alla migrazione, si legge nel testo dell’Accordo che, oltre a favorire il rimpatrio volontario dei cittadini ivoriani, la Cooperazione tra Italia e Costa d’Avorio sarà volta a:

– gestire il fenomeno migratorio con un approccio che coniughi il sostegno allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni dei Paesi di origine e di transito, la lotta contro il traffico di migranti e la tratta degli esseri umani nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali, l’attuazione di circuiti economici alternativi ai circuiti illegali, nonché la risolutezza nei controlli alle frontiere;

– instaurare un dialogo reciproco e strutturato e scambiare regolarmente informazioni sul controllo dei flussi migratori nei loro vari aspetti, sulla lotta contro l’immigrazione illegale e sull’integrazione dei migranti regolari;

– rafforzare i canali di comunicazione e di scambio di informazioni per la prevenzione e la lotta contro l’immigrazione irregolare e scambiare esperienze in materia di controllo delle frontiere;

– promuovere iniziative per un sostenibile reinserimento sociale ed economico dei cittadini ivoriani che vengono rimpatriati.

Con riferimento all’ultimo punto poi, Italia e Costa d’Avorio, in collaborazione con UNICEF, OIM ed altre ONG, si faranno carico di attuare una serie di progetti volti a:

– offrire alternative alla migrazione irregolare agevolando l’accesso alle opportunità economiche locali;

– facilitare il reinserimento dei migranti ivoriani nella loro regione di origine grazie alla creazione di posti di lavoro e alla coesione sociale;

– sostenere l’organizzazione di sessioni permanenti di formazione extra-scolastica per i giovani;

– facilitare la formazione professionale e l’occupazione dei giovani non qualificati e più vulnerabili;

– identificare le opportunità economiche e le opzioni alternative esistenti in Costa d’Avorio;

– rafforzare la capacità di sviluppo economico e professionale delle comunità locali;

– incoraggiare lo spirito imprenditoriale a livello locale;

– promuovere l’inclusione sociale e lo scambio di buone pratiche

Per di più, a testimonianza dell’effettiva e concreta volontà di collaborazione tra i due Paesi – spiega Lamorgese durante la conferenza stampa di presentazione del progetto – la Costa d’Avorio è stata inserita tra i nove Stati beneficiari di appalti pubblici finanziati con i fondi del Ministero dell’Interno italiano per la selezione di progetti di Cooperazione e Sviluppo dei Paesi Terzi. In questo modo quindi si è voluto abbattere ogni ostacolo burocratico che avrebbe impedito l’effettiva realizzazione e la consequenziale fruizione dei programmi illustrati in precedenza.

Per quanto riguarda la spesso controversa materia della sicurezza invece, si è riconosciuto il mutamento di modus operandi, natura e portata dei traffici illeciti delle reti criminali internazionali. Pertanto si è espressa la necessità incontrovertibile di adottare un approccio comune per delineare ed attuare strategie di prevenzione e di contrasto alle varie attività portate avanti da dette associazioni criminali (traffico di esseri umani, migrazione irregolare, terrorismo internazionale ecc..).

In particolare, innovativa è la previsione contenuta nella lettera D del capitolo relativo alla Sicurezza inserito nell’Accordo, il quale statuisce che i firmatari si impegnano a “seguire regolarmente l’evoluzione della cooperazione di polizia tra i due Paesi attraverso l’attuazione di una commissione mista che si riunirà una volta all’anno”.

Ulteriori dettagli sulla composizione effettiva ed i compiti concreti di questa commissione mista non sono ancora stati rilasciati ma, già in questa prima fase, se ne possono cogliere gli effetti positivi.

In definitiva, accordi di questo tipo devono essere la nuova frontiera della Cooperazione Internazionale in quanto la stessa si può effettivamente realizzare dando voce ai Paesi direttamente interessati dal fenomeno migratorio. Solo in questo modo infatti è possibile individuare i problemi nel concreto e proporre soluzioni ad hoc dal momento che, come abbiamo drammaticamente visto negli ultimi anni, proposte troppo generiche decise da soggetti terzi alla realtà del territorio ed applicate indifferentemente a tutti, non possono che generare ulteriore caos e sperpero di fondi che, se direzionati nel perseguimento di un obiettivo ben definito invece, possono effettivamente fare la differenza.


[1] Per migranti irregolari si intende coloro che sono entrati in Italia senza un regolare controllo alla frontiera oppure coloro che sono entrati regolarmente ma ai quali è scaduto il visto od il permesso di soggiorno. Indipendentemente dalla sovra rappresentazione mediatica e politica però, secondo le stime pubblicate dal Ministero dell’Interno nella sua Guida pratica per gli operatori dell’informazione – “Comunicare l’informazione, il 64% degli irregolari sono tali a seguito della scadenza del loro permesso di soggiorno o visto. La stragrande maggioranza di coloro che entra in Italia eludendo i controlli alla frontiera infatti, ha diritto al riconoscimento dello status di rifugiato politico o di richiedente asilo.

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