ALLA RICERCA DELLO SPACCIATORE PRESUNTO: per un pugno di like ti violo i diritti

Spacciatore presunto e Salvini

Dopo la bufera scatenata dal caso Gregoretti, nella giornata di martedì 21 gennaio, l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini è tornato nuovamente a far parlare di sé. L’accaduto è stato trattato abbondantemente ed estensivamente da varie testate giornalistiche, pertanto di seguito ci si limiterà a riassumere i fatti salienti per fornire un quadro completo della situazione prima di esaminare nel dettaglio tutte le violazioni perpetrate dal Leader Leghista con questa ennesima “messa in scena acchiappa-like” contro uno “spacciatore presunto”.

Questa volta Salvini è in visita ad un quartiere degradato della città di Bologna per fare campagna elettorale in favore di Lucia Bergonzoni, accompagnato dai suoi assistenti e dalle Forze dell’Ordine. All’ex Ministro viene fatto fare un “tour” del quartiere, nota piazza di spaccio bolognese, da una 70enne militante della Lega il cui figlio è morto di overdose, il tutto filmato in diretta su Facebook. La militante indica all’ex Ministro la casa dove abita un migrante tunisino che, a suo dire, sarebbe dedito allo spaccio di droga, uno spacciatore presunto.

Dopo aver appurato a malincuore che i suoi classici “cavalli di battaglia” non potevano funzionare – dato che l’immigrato risiede regolarmente sul suolo italiano e paga puntualmente l’affitto, come ammesso dalla stessa signora – il Leader Leghista gioca la nuova carta di questa campagna elettorale: lo spaccio di droga.

Senza preoccuparsi di censurare nome e cognome dello straniero, soprattutto dopo averne fornito l’indirizzo preciso – la censura fortunatamente è stata successivamente applicata dagli organi di stampa che hanno diffuso il video, ma in una diretta Facebook ciò è impossibile – infatti, l’ex Ministro, citofona all’abitazione e chiede se fosse vero che in quella casa si spacciasse droga.

Secondo Salvini sia le Forze dell’Ordine che i residenti erano al corrente delle presunte attività illegali che detta persona svolgeva in quell’abitazione, ma non potevano far nulla in quanto spacciatore presunto.

Intervistato a Mattino Cinque poi, l’ex Ministro ha affermato che si è trattato di un’azione di protesta in quanto, secondo lui, quando intervengono le Forze dell’Ordine “lo stesso pusher lo ritrovi nella stessa casa il giorno dopo” poiché – sempre a detta di Salvini – l’attuale normativa è troppo tollerante nei confronti di tali condotte. Utilizzando la rete televisiva poi, ha presentato la proposta di legge della Lega denominata “Droga Zero”, rendendo così manifesto il vero intento dietro un’azione così lesiva dei diritti fondamentali: fare campagna elettorale a discapito di tutti e calpestando le libertà costituzionalmente garantite per raggiungere i propri scopi.

Ovviamente le reazioni da parte del mondo democratico e della diplomazia non si sono fatte aspettare ma in questa sede si vuole esaminare tale azione palesemente propagandistica da un punto di vista legale.

Un’enormità di diritti violati

Indipendentemente dalle conseguenze diplomatiche, il gesto di Salvini è tanto insensato quanto rischioso. Ed i rischi che si corrono sono molteplici.

Anzitutto, l’approccio da talk show adottato dal Leader della Lega nel mettere alla gogna una persona – diffondendone pubblicamente nome ed indirizzo – senza alcuna prova concreta, ma basandosi solo sulle parole di un’anziana signora la cui attendibilità non è stata attestata, mette a rischio l’incolumità sia della persona in questione e del proprio nucleo famigliare sia di tutti coloro che abitano nello stesso stabile. Potrebbero esserci infatti ritorsioni violente in una zona già da molto tempo esasperata dalla questione dello spaccio incontrollato.

Ma, indipendentemente dalla questione sicurezza, in questa sede si preme sottolineare tutti i diritti e le libertà fondamentali violate dall’ex Ministro dell’Interno così da mettere in luce la pericolosità sociale di determinate “azioni di protesta” – come le ha definite Salvini.

In primis, va evidenziata la lesione del principio di presunzione di innocenza sancito dall’art. 27 della Costituzione secondo il quale una persona è innocente fintanto che non venga provato il contrario e venga emessa una conseguente sentenza di condanna. Salvini in questo caso invece, si è auto-nominato pubblica accusa e giudice ed ha scelto di condurre un processo mediatico, basato su mere illazioni di persone esasperate e che non hanno prodotto alcuna prova – concreta o indiziaria che sia – in merito.

La ratio che portò l’Assemblea Costituente ad adottare il principio espresso dal sopramenzionato art. 27 era proprio quella di evitare che un privato cittadino potesse “farsi giustizia da sé” erigendosi a giudice di una determinata controversia e lasciandosi guidare dai propri istinti e pregiudizi, piuttosto che dall’oggettività dei fatti. Ed è esattamente quello che invece è accaduto a Bologna con lo spacciatore presunto.

Altro diritto fondamentale violato è quello alla riservatezza, il cui fondamento nella legislazione nazionale si trova nell’art. 2[1] della Costituzione e nelle sue specifiche – art. 13 e 14.

In particolare infatti, l’art. 13 della Costituzione sancisce l’inviolabilità della libertà personale che può essere limitata solo dall’autorità giudiziaria – non di certo da uno spaurito gruppo di cittadini.

L’art. 14 invece, sancisce l’inviolabilità del domicilio il quale non può essere soggetto ad ispezioni – come Matteo Salvini ha lasciato intendere di voler fare qualora lo straniero li avesse fatti salire in casa; concetto questo suggestivamente rafforzato anche dalla presenza delle Forze dell’Ordine – a meno che così non venga disposto dall’autorità giudiziaria.

Quanto affermato dal combinato disposto di questi tre articoli costituzionali – quindi l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio e della riservatezza in generale – è così importante che viene ad essere espressamente tutelato anche dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Pertanto, qualora la questione fosse portata di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, questo ci costerebbe l’ennesima condanna per violazione dei diritti umani riconosciuti a ciascuna persona – quindi anche al migrante. E la questione potrebbe effettivamente essere portata di fronte a tale Corte perché, insieme a Salvini, vi erano le Forze dell’Ordine che, pur se ufficialmente erano presenti per garantire la sicurezza dell’ex Ministro, di fatto nulla hanno fatto per bloccare l’esecuzione di un atto così palesemente lesivo della dignità di un essere umano.

Si potrebbe ribattere a quanto fin qui affermato, sostenendo che il diritto alla riservatezza è limitato dal diritto di manifestazione del pensiero (tutelato dall’art. 21 della Costituzione) ma va subito messo in chiaro che tale diritto concede la possibilità di limitare tutte le libertà connesse al diritto di riservatezza solo in alcuni casi, nessuno dei quali però, corrisponde alla situazione che ha creato Matteo Salvini. Ed a tal proposito a nulla vale citare l’interesse delle Pubbliche Autorità a svolgere un’indagine – che pure compare nell’art. 21 Cost. – perché in questo caso si è trattato di un vero e proprio “processo alle streghe” poiché non supportato da alcun tipo di evidenza giudiziale o investigativa, pertanto del tutto inutile per poter avviare una vera indagine.

In aggiunta, sono stati violati il diritto all’immagine sancito dal Codice Civile (art. 10) e la legge sul diritto d’autore – la n. 633/1941 – la quale protegge l’immagine (art. 96 e 97) e l’identità personale (art. 21).

Menzione a parte merita poi l’art. 615 bis del codice penale, anch’esso pienamente violato dall’ex inquilino del Viminale, il quale punisce le interferenze illecite nella vita privata del singolo statuendo che chiunque “mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata” che si svolge nella dimora del singolo, viene punito con la reclusione.

Tale pena viene estesa, continua l’articolo, anche a coloro che rivelano o diffondono “mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute” tramite riprese visive e sonore – come può essere definita una diretta Facebook, per l’appunto.

Ancor più grave poi è la previsione dell’ultimo comma del sopra citato articolo il quale, nel sancire la necessità della ricezione da parte della Procura della querela della persona offesa per poter avviare le indagini, sostiene che però lo stesso sia perseguibile “d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio”.

La gravità della previsione sopra descritta sta nel fatto che Salvini era un pubblico ufficiale fino a non molto tempo fa e che, come è opportuno ribadire, il tutto si è svolto di fronte a dei pubblici ufficiali a tutti gli effetti (che però non hanno perpetrato direttamente la condotta, pertanto non sono punibili in tal senso) quali sono le Forze dell’Ordine.

Per concludere la storia dello spacciatore presunto, quello che deve essere chiaro nell’odierno dibattito sulla questione è che, indipendentemente dalla colpevolezza o meno del tunisino protagonista della propaganda salviniana, in uno Stato democratico quale è l’Italia non si può giustificare – ed in alcuni casi idolatrare – il giustizialismo menzognero e da sceriffo, soprattutto se portato avanti in sedi non opportune e manipolative quali i social – dove non ci sono filtri e quindi potenzialmente scompare ogni tipo di dialettica democratica.


[1]La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale

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2 Responses

  1. Non mi piace vedere alcune facce nei nostri siti o blog o altro perché mi sembra che stiamo facendo pubblicità a questi. Ma io spero che ci siano ancora dei giuristi, degli avvocati penalisti e civilisti in Italia. Spero anche che ci siano ancora procuratori e forze dell’ordine che possano ancora rivendicare il loro lavoro! Penso anche che ci sia ancora un senato della repubblica che riesca ancora a vergognarsi mentre avvale questi tipi di comportamenti! Noi sappiamo che è deputato a fare le leggi; se non avvale questi comportamenti, che cosa fa? Non è la prima volta che accade un caso simile: speriamo che ci sia ancora un parlamento in Italia e che abbia ancora onore e dignità per sostenere che gli onorevoli sono onorabili.

    1. Purtroppo certe facce sembrano sempre più all’ordine del giorno ma lo scopo di articoli come questo è proprio quello di aumentare la consapevolezza dei rischi concreti che si corrono “chiudendo un occhio” su azioni del genere. Fortunatamente di operatori del diritto (siano essi giuristi, parlamentari o membri delle forze dell’ordine) che fanno bene il loro lavoro ce ne sono moltissimi ed è con loro che bisogna far fronte comune per debellare minacce alle libertà individuali come questa non facendo passare inosservato nulla, neanche il più piccolo dei gesti, per non rischiare che ci si abitui ad essi. Gli organi di stampa ed i blog in tal senso hanno una grande responsabilità perché, attraverso i dibattiti che si scatenano una volta pubblicati contenuti “scomodi”, si stimolano riflessioni su quali potrebbero essere le strategie giuste da adottare per operare un drastico cambio di rotta e migliorare la società in cui viviamo.

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