Ad inizio di Ottobre 2018 è entrato in vigore il Decreto Sicurezza Bis, fortemente voluto dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Tale decreto è stato poi convertito in legge a seguito delle votazioni in Senato, che ha posto la fiducia sul testo in Agosto con 160 voti favorevoli, 57 contrari e 21 astenuti. Negli articoli precedenti in merito, abbiamo trattato estensivamente i contenuti della nuova disciplina voluta da Matteo Salvini (Clicca qui)
Essendo passato più di un anno dall’entrata in vigore del Decreto Sicurezza BIS , noi di Large Movements abbiamo deciso di andare a vedere più da vicino cosa effettivamente è stato attuato e, più in generale, quali sono gli effetti che finora tale normativa ha prodotto.
In questa sede, ci limiteremo ad esaminare solo quelle parti della normativa in oggetto che trattano di immigrazione – tralasciando quindi tutti i commenti in materia di sicurezza ed ordine pubblico, anch’esse oggetto di riforma.
Innanzitutto, andiamo ad esaminare quali tra i suoi pilastri fondamentali sono stati effettivamente attuati.
Il primo articolo contenuto nel testo di legge esprime l’ormai tristemente famoso concetto dei cosiddetti “Porti Chiusi”.
Si recita in tale articolo che “il Ministro degli Interni può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale”. Dal testo della disposizione dunque, si può facilmente evincere che il Viminale può “chiudere i porti” ogniqualvolta vi sia: (1) una sospetta violazione del Testo Unico sull’immigrazione e/o (2) un sospetto favoreggiamento all’immigrazione.
E’ interessante notare che, grazie a questa norma, una decisione così drastica e dagli effetti così terribili può venir presa sulla base di un mero sospetto, senza la necessità di fornire alcuna prova in merito. Di fatto si va così ad attribuire al Ministro degli Interni poteri indiscussi che potrebbero portare (come hanno effettivamente già fatto) all’adozione di decisioni totalmente arbitrarie.
Per poter cercare di arginare il più possibile il concreto rischio di una deriva autoritaria, nel testo definitivo approvato in Senato viene previsto che il provvedimento con il quale il Ministro degli Interni respinge la richiesta di attracco da parte di una nave carica di migranti nei nostri porti, deve essere controfirmata dai Ministri delle Infrastrutture e della Difesa.
Con riferimento alle disposizioni in materia di sanzioni per tutti coloro che salvano persone in mare (norma esplicitamente mirante a colpire profondamente le Ong) genericamente si può dire che il capitano della nave interessata nel salvataggio dei migranti rischia una sanzione pecuniaria che può andare da un minimo di 150 mila ad un massimo di un milione di euro.
E’ poi prevista una sanzione aggiuntiva consistente nel sequestro della nave – i relativi oneri per il mantenimento presso il sito di deposito sono posti a carico dell’armatore e del proprietario della stessa.
Ed ancora, viene previsto l’arresto in flagranza per il capitano della nave qualora lo stesso faccia “resistenza o violenza contro una nave da guerra” (così sono considerate le navi della Capitaneria di Porto e, ovviamente, quelle della Marina Militare).
In ultimo, è stato creato un fondo per il rimpatrio presso il Ministero degli Affari Esteri per il quale è stata prevista una dotazione iniziale pari a 2 milioni di euro.
Menzione a parte merita poi il fenomeno dell’immigrazione clandestina, da sempre presente nella nostra legislazione ma che, con questo testo, va ad interessare anche persone che non dovrebbero esserne vittima – dal momento che il nostro Paese ha ratificato trattati e convenzioni internazionali che cercavano di arginare il fenomeno, rispettando comunque i diritti del singolo. Una novità del Decreto Sicurezza BIS è che è stato previsto un ulteriore fondo per il suo contrasto e che lo stesso verrà incrementato di anno in anno. Nello specifico sono stati stanziati: (1) 500 mila euro per l’anno 2019; (2) 1 milione di euro per l’anno 2020; (3) 1 milione e mezzo di euro per l’anno 2021. Tale fondo è destinato al rimpatrio di tutti i migranti irregolari.
Quali sono gli effetti del Decreto sicurezza BIS ad un anno dall’adozione
Durante l’esame del testo di legge da parte della Commissione per gli Affari Esteri e per la Giustizia della Camera, esperti, professori universitari e le stesse autorità hanno espresso dei dubbi in merito alla completa legittimità del Decreto Sicurezza BIS e ne hanno sottolineato i problemi che ad una prima lettura erano già evidenti.
Nonostante l’allarme lanciato dalla Commissione però, il Decreto Sicurezza (poi convertito in Legge) è stato approvato senza ulteriori modifiche.
Vediamo ora nel dettaglio quali sono quei possibili profili di illegittimità e, in generale, gli effetti che le norme contenute nel testo hanno prodotto a poco più di un anno dalla sua entrata in vigore.
Perplessità sul testo emergono sin dall’articolo 1, quello relativo al potere del Ministro dell’Interno di vietare o limitare l’ingresso (o addirittura il transito o la sosta) alle barche con a bordo i migranti, qualora lo stesso ritenesse che vi sia stata una violazione della legge nazionale sull’immigrazione.
Il problema sorge dal momento che il diritto al soccorso in mare e quello d’asilo sono oggetto di numerose convenzioni internazionali – un esempio tra tutte, la Convenzione ONU del 1982 sui diritti del mare – che li tutelano imponendo agli Stati che le hanno siglate di rispettare le previsioni in esse contenute.
Così come sancito dal diritto vivente e dall’articolo 10 della nostra stessa Costituzione dunque, trattati e convenzioni internazionali non possono essere superati da una legge nazionale. Ma è proprio questo il caso dell’art. 1 del Decreto Sicurezza Bis: ad una previsione nazionale viene concesso di derogare a quanto sancito da numerosi trattati internazionali.
Qualora la questione venisse portata di fronte alle Corti Europee e/o Internazionali, una condanna dell’Italia appare essere molto probabile.
Per di più, così come fatto notare dal Servizio Studi della Camera “andrebbe chiarito come trovi applicazione la disposizione in caso di mancata individuazione in termini univoci del porto sicuro di sbarco”.
Le norme internazionali infatti, sanciscono che le persone salvate in mare debbano essere trasportate al primo porto sicuro sia in termini di prossimità geografica che di maggior rispetto dei diritti umani fondamentali.
Dal combinato disposto di queste due condizioni – vicinanza geografica e tutela dei diritti umani – si può facilmente intuire quindi, che l’Italia è considerata “primo porto sicuro” per quasi tutte le navi che vengono recuperate in mare.
Il nostro infatti, è uno dei pochi Paesi che ospiti abbastanza strutture di accoglienza e/o per favorire lo sbarco.
Il Decreto Sicurezza ignora totalmente il problema, rivelando un totale disinteresse per la scena internazionale – oltre che per le sue leggi. Anche questo aspetto, nel lungo termine, potrebbe portarci a nuove condanne dalle Corti Europee e/o ad una perdita di credibilità internazionale per mancato rispetto degli impegni presi.
Con riferimento poi, alle salatissime sanzioni pecuniarie inflitte a chiunque salvi persone in mare – norma chiaramente volta a scoraggiare ed ostacolare l’operato delle Ong – l’Agenzia ONU per i Rifugiati ha dichiarato che “l’imposizione di sanzioni pecuniarie e di altro tipo ai comandanti delle navi potrebbe ostacolare o impedire le attività di soccorso in mare da parte delle navi private, in un momento in cui gli Stati europei hanno significativamente ritirato il proprio sostegno alle operazioni di soccorso nel Mediterraneo Centrale”.
A seguito dei “giri di vite” che i vari governi dei Paesi Membri dell’Unione Europea hanno apportato alla disciplina del sistema d’accoglienza infatti, il salvataggio in mare delle persone in fuga da guerre, carestie e povertà è sempre più affidato alle navi private delle Ong.
Paradossalmente, queste multe rischiano di favorire un aumento dell’immigrazione clandestina in quanto sempre più persone sbarcano sulle coste italiane protette dall’oscurità in barchini anonimi, eludendo i controlli e non riuscendo così ad entrare all’interno del sistema d’accoglienza.
Per queste persone le alternative di condurre una vita nella legalità sono pressochè nulle e difficilmente riusciranno effettivamente ad integrarsi nel nuovo tessuto sociale nel quale si trovano.
La “prova” di questa volontà di ostacolare il lavoro delle Ong la si trova, secondo gli esperti, nella grandissima sproporzione della multa rispetto al reato che si è delineato. Basti pensare infatti che per un abuso edilizio le multe possono arrivare ad un massimo di 20 milioni di euro mentre nel caso di salvataggio di persone in mare non autorizzato il minimo importo comminabile è di 500 mila euro (per il 2019)!
Ed ancora, a riprova
dell’illegittimità della nuova disciplina adottata in materia di immigrazione
vi è la mancanza del necessario requisito d’urgenza, senza il
quale un Decreto Legge non può venire adottato.
Tale requisito infatti manca del tutto dal momento che (1) nei primi mesi del 2019 gli sbarchi sono diminuiti dell’84,3% rispetto allo stesso periodo del 2018 (2) i migranti portati in Italia dalle navi delle Ong sono appena l’8% del totale (Fonte: Dati diffusi dal Ministero dell’Interno).
Questi numeri sono ben diversi da quelli riportati da Matteo Salvini per giustificare l’adozione urgente di questo provvedimento.
Grazie alla forma del Decreto Legge infatti, si garantisce che le disposizioni in esso contenute possano avere efficacia di legge sin dal primo momento. Il Parlamento avrà poi 60 giorni di tempo per emanare una Legge di Conversione che recepisca definitivamente la nuova disciplina introdotta con l’urgenza, trasormandola in legge ordinaria a tutti gli effetti.
Nel caso del Decreto Sicurezza Bis, nonostante fosse evidente la mancanza del requisito di necessità, il Parlamento ha comunque promulgato la sua Legge di Conversione avvalorando la favola della Lega secondo la quale sarebbe in atto una vera e propria “invasione dei nostri confini nazionali da parte dello straniero” – parole queste che fanno subito correre la mente ad un passato che seppur non troppo lontano, pare che abbiamo dimenticato.
Un altro dei devastanti effetti del Decreto Sicurezza è il suo messaggio pubblico ossia che i migranti non hanno diritto alla residenza e, conseguentemente, stiamo assistendo a chiusure nei confronti di stranieri anche regolari da parte di datori di lavoro e banche.
Inoltre, grazie all’adozione delle nuove procedure così fortemenete volute da Salvini, i tempi per richiedere la cittadinanza sono da subito raddoppiati (da 24 a 48 mesi), aumentando il senso di incertezza delle famiglie migranti e/o del singolo individuo.
Menzione a parte merita poi la cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Pur se la Corte Costituzionale ha già chiarito infatti, che tale disposizione non può essere applicata per le domande presentate prima del 5 Ottobre 2018 (giorno di entrata in vigore del Decreto Sicurezza Bis), in sede amministrativa le Commissioni Territoriali hanno ridotto drasticamente la concessione di tale status anche a coloro che ne abbiano fatto richiesta prima di tale data.
Questo nella comunità dei migranti e dei giuristi che li assistono sta generando non poche confusioni ed incertezze.
Eclatante e dagli effetti devastanti, è poi la cancellazione dell’accoglienza negli Sprar attuata immediatamente, senza prevedere alcun correttivo ed andando così a generare un paradosso di cui sono attualmente vittima migliaia di persone.
Per i richiedenti asilo ed i
rifugiati la situazione viene “risolta” prevedendonone l’accoglienza nei Cas –
Centri d’Accoglienza Straordinari (che erano stati concepiti come centri di
prima accoglienza, quindi non hanno le strutture adatte per ospitare persone
per lunghi periodi né per aiutarli nell’integrazione – questa era la
prerogativa degli Sprar).
Coloro che sono titolari di protezione umanitaria (quindi quelli che hanno ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari) invece, non avendo diritto ad essere accolti negli Sprar non hanno diritto nemmeno ad essere accolti nei Cas. Questo ha comportato che decina di migliaia di persone siano state repentinamente espulse dal sistema d’accoglienza, senza che venisse fornita loro alcuna alternativa – spingendoli di fatto verso un contesto criminale che guadagna dal loro sfruttamento sotto qualsiasi forma.
Un rapido accenno poi a quanto paventato nel Decreto ma che, ad oggi, risulta ancora non attuato:
- la norma sul trattenimento per la detenzione o la verifica dell’identità e della cittadinanza dei richiedenti asilo;
- la riforma della manifesta infondatezza della domanda di protezione umanitaria.
Questa però, ha comunque realizzato l’obiettivo prefisso: quello di instillare nell’opinione pubblica il sospetto che il richiedente sia bugiardo in quanto migrante;
- la lista dei “Paesi d’Origine Sicuri” che doveva essere redatta subito dopo l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza.
Con riferimento a quest’ultima assenza: che l’allora governo giallo-verde, coadiuvato dai suoi esperti, si sia reso conto che parlare di Paesi d’Origine Sicuri è praticamente un’utopia per certe popolazioni?
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Presidente Large Movements APS
- Martina Bossihttps://www.normativa.largemovements.it/author/martina-bossi/
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