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3 Maggio 2021- Giornata mondiale della libertà di stampa

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Oggi, 3 maggio 2021, sono passati 30 anni da quel 3 maggio 1991: data nella quale veniva firmata una carta che avrebbe delineato il futuro degli stati africani ma anche di tutti i paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite in tema di libertà di stampa. Il documento è un’affermazione dei principi in difesa della libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei ‘media’ come elementi fondamentali per la difesa della democrazia e il rispetto dei diritti umani. Quello che venne conosciuto come Dichiarazione di Windhoek è stato così il documento che ha ispirato, nel 1993, le Nazioni Unite a dedicare una specifica giornata alla libertà fondamentale dei cittadini di trasmettere e diffondere le notizie. Tuttavia, la libertà di stampa è sotto continuo e sempre più elevato rischio di attacco. Infatti, il 3 maggio viene ora considerato come un giorno per ricordare ai governi il loro dovere di sostenere e rispettare la libertà di parola, disciplinata dall’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dall’art. 21 nell’ordinamento italiano.

Che cosa si intende per libertà di stampa e cosa ricade in essa?

Per libertà di stampa si intende la libertà di esprimere e comunicare informazioni su mezzi quali i giornali, le radio, le televisioni e, dalla comparsa di Internet, anche in tutte le piattaforme online a disposizione dei privati cittadini e delle loro associazioni. La libertà di stampa è interconnessa con la libertà di manifestazione del pensiero e per questo può essere definita come uno dei pilastri fondanti del pluralismo ideologico moderno e quindi dello Stato di diritto.

Data l’essenzialità di un diritto come quello della libertà di stampa, a livello internazionale e non, sono nate iniziative, associazioni ed organizzazioni che si occupano quotidianamente di promuovere e difendere la tutela di questo principio fondante di una società civile. Tra queste, Reporters Without Borders (RSF, reporters senza confini) è una tra le maggiori ONG attiva nella difesa e promozione della libertà di stampa, in Europa e nel mondo. Tra le varie attività, RSF redige annualmente un report riguardante il cosiddetto “indice mondiale della libertà di stampa”. Detto indice consiste in una valutazione della libertà di stampa in 180 paesi e territori. “L’ Indice di quest’anno mostra che il giornalismo è totalmente bloccato o seriamente ostacolato in 73 paesi e limitato in altri 59, che insieme rappresentano il 73% dei paesi valutati”.

Europa ed Italia: si può parlare di vera libertà di stampa?

Diamo un’occhiata alla situazione in Europa dove, pur rimanendo certamente uno dei continenti in cui la libertà di stampa è agevolata, a volte questa percezione di libertà è troppo sopravvalutata. L’Europa ha infatti registrato un notevole deterioramento dell’indicatore “Abusi”, con atti di violenza nei confronti dei giornalisti più che raddoppiati nell’Unione Europea e nei Balcani, a fronte di un deterioramento del 17% a livello mondiale. Gli attacchi contro giornalisti e gli arresti arbitrari sono aumentati in Germania (13°), Francia (34°), Italia (41°), Polonia (64°), Grecia (70°), Serbia (93°) e Bulgaria (112°).

Soffermiamoci sull’Italia poiché è alquanto sorprendente la sua posizione nella classifica: 3 posti avanti agli Stati Uniti ed immediatamente prima della Corea del Sud. Il rapporto di RSF menziona 20 giornalisti italiani attualmente scortati dalla polizia a causa di intimidazioni, attacchi e minacce di morte. La zona di Roma e periferia è stata individuata come quella maggiormente a rischio, data la presenza delle organizzazioni criminali e delle reti locali mafiose. Tuttavia, nonostante il decreto Cura Italia – che ha ordinato di sospendere il trattamento delle richieste di accesso ai documenti a causa della pandemia e per mancanza di personale – i media nazionali pubblici non hanno subìto particolari restrizioni. Il rapporto mette al primo posto tra i pericoli dei giornalisti italiani, i negazionisti dell’epidemia che hanno minacciato e aggredito fisicamente i giornalisti. L’ultimo rapporto di Index on Censorship, aveva registrato l’Italia al primo posto fra i paesi europei per aggressioni fisiche, seguita da Spagna, Francia e Germania. L’Italia era stata segnalata al primo posto anche per i casi di intimidazioni, ben 133, seguita da Romania, Croazia e Francia.

Per quanto riguarda invece le vittime della libertà di stampa, sempre secondo Index on Censorship, in Europa i paesi maggiormente colpiti sono:

  • Slovacchia, con l’uccisione del giornalista investigativo Jàn Kuciak,  le cui indagini vertevano sulla gestione di fondi strutturali UE in Slovacchia;
  • Malta, con l’assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia, impegnata in numerose inchieste contro la corruzione;
  • Danimarca, con l’omicidio della freelance Kim Wall, attiva in vari campi come il cambiamento climatico con il quale ottenne l’Hansel Mieth Prize per Miglior Reportage Digitale;
  • Polonia, con l’assassinio del giornalista Lukasz Masiak, considerato uno dei giornalisti più stimati per la sua capacità di trattare argomenti controversi. Nel periodo precedente alla sua morte, stava indagando sui club locali di arti marziali miste e sulle questioni economiche e giuridiche ad essi legati;
  • Francia, con la ormai tristemente nota strage di Charlie Hebdo, settimanale satirico noto per i suoi articoli dissacranti nei riguardi della politica, soprattutto nei confronti di soggetti di estrema destra, e di ogni tradizione religiosa.

In tale contesto, i social media sono un ulteriore mezzo di minaccia per la libertà di stampa perché spesso usati come strumenti per avanzare accuse di ogni genere o per diffondere notizie false. Secondo il rapporto Index on Censorship, i maggiori paesi dell’UE a rischio di tale strumentalizzazione dei mass media sono la Croazia, l’Italia, la Spagna e la Francia. Al di fuori dell’UE, invece, la Bosnia, seguita da Serbia e Repubblica di Macedonia sono ai primi posti. Reporters Without Borders (2016) ha definito l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, come il massimo responsabile di una “campagna mondiale di discredito nei confronti dei media e dei giornalisti”.

I paesi asiatici anche quest’anno sono si sono guadagnati i primi posti per non rispettare la libertà di stampa. Emblematica è la recentissima decisione del governo cinese di censurare dai social la vittoria della regista Chloé Zhao – che ha ottenuto tre premi, con il film Nomadland. La Cina non ha così di fatto mai riconosciuto gli Oscar 2021, decidendo di rimuovere completamente la notizia che vede la prima donna regista asiatica vincitrice del premio più famoso nel mondo dello spettacolo. Il motivo di tale decisione sembra essere dovuto alla scoperta di una vecchia intervista del 2013 in cui Chloé Zhao, regista ed ideatrice del film, raccontava della sua infanzia difficile a causa del contesto socio-politico in cui è vissuta. Oltre al fatto che si è dovuti tornare indietro di 8 anni per trovare un espediente per motivare la censura, il film di Zhao mostra i difetti della società americana e non di quella cinese. Come scrive Pierre Haski, “Zhao è semplicemente una ragazza cinese libera, ma a quanto pare questo è già troppo”.

Noi di Large Movements celebriamo la libertà di stampa, continuando ad informare i nostri lettori su tematiche di politica internazionale attuale. È proprio questo lo strumento con il quale ci impegniamo a far sviluppare una coscienza tale da individuare e poi denunciare un eventuale abuso di libertà.

https://rsf.org/en/2021-world-press-freedom-index-journalism-vaccine-against-disinformation-blocked-more-130-countries

https://www.internazionale.it/ opinione/pierre-haski/2021/04/27/cina-censura-oscar-zhao

Libertà di stampa: giornalisti minacciati in Italia, in Europa e nel mondo – Osservatorio diritti

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