Giunti oggi al terzo episodio della nostra rubrica Follow the Money, torniamo a parlare di politiche migratorie e di azione esterna dell’UE ed i relativi attori esterni nell’ambito del principale meccanismo di finanziamento europeo, argomento di nostra attenzione dall’inizio della rubrica, il Quadro Finanziario Pluriannuale (QFP) 2021-2027. Per rinfrescare le idee, i capitoli dell’attuale QFP dedicati alla gestione dei flussi migratori ed il controllo delle frontiere sono tre: Migrazione e gestione dei confini (capitolo IV), Sicurezza e Difesa (capitolo V), Vicinato e mondo (capitolo VI). In relazione al capitolo VI del QFP abbiamo già menzionato lo Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale (NDICI).
Oggi proveremo a presentarvi alcuni degli aspetti innovati e delle critiche sorte in seguito all’approvazione del QFP 2021-2027, circa le tematiche migratorie ed i programmi concepiti per promuovere l’integrazione degli stranieri e/o gestire i flussi migratori.
Iniziamo da una breve comparazione con il QFP relativo al periodo 2014-2020, il quale aveva dedicato alle questioni migratorie due capitoli: Sicurezza e Cittadinanzae Europa Globale. Il primo inerente alle questioni di politica migratoria interna, mentre il secondo era stato dedicato all’azione esterna dell’UE, includendo le azioni di aiuto umanitario. Il capitolo Sicurezza e Cittadinanza del QFP 2014-2020, nell’attuale QFP 2021-2027, è stato bipartito in Migrazione e gestione dei confini e Sicurezza e Difesa; mentre capitolo Europa globale ha preso il nome di Vicinato e mondo. Già tale differenza è stato oggetto di dibattito per la mancanza di continuità tra i due QFP: pur trattandosi di cambiamenti apparentemente formali, il lessico utilizzato indica una visione securitaria della dimensione esterna della politica migratoria dell’UE. Il Centro europeo per la gestione delle politiche di sviluppo, centro di ricerca specializzato in questioni europee, evidenzia come il contenimento dei flussi migratori viene correlato al controllo delle frontiere.
L’incorporamento dei finanziamenti del Fondo Europeo di sviluppo nell’attuale bilancio è invece un elemento a favore della trasparenza, perché finanziato dai contributi diretti degli Stati membri. Non rientrando nella giurisdizione del Parlamento europeo, quindi, si può constatare che si mira ad un maggior controllo dei fondi, da parte dei governi così per la società civile per verificarne l’implementazione.
Di quanti soldi stiamo parlando?
In relazione alla parte Migrazione del capitolo IV il budget del QFP 2014-2020 messo a disposizione è stato di 7, 3 miliardi di euro, mentre per quello attuale parliamo di 11,105 miliardi di euro. Di questi 9. 882 miliardi di euro sono previsti per la creazione di un Fondo Asilo e Migrazione. Tuttavia, il problema di cui si discute ancora è la distribuzione di tali fondi aggiuntivi, nell’ottica della solidarietà dei paesi europei, soprattutto verso coloro che si sono sempre mostrati reticenti ad instaurare efficaci sistemi di accoglienza per gli stranieri.
Sempre con riferimento al capitolo IV, la parte Gestione dei confini è uno degli elementi ad aver suscitato maggiori critiche. Qui il budget è aumentato di circa 9 miliardi rispetto al QFP 2014-2020: dai 5, 6 miliardi si è passati a 14, 368 miliardi, di cui 7.389 miliardi dedicati al Fondo per la gestione integrata delle frontiere. Tale attenzione per la gestione delle frontiere è stata vista, da un lato, positiva per la preparazione di eventuali emergenze migratorie nei paesi di accoglienza ma, dall’altro, è stata considerata come una compensazione alle riforme dei regolamenti di Dublino, le quali soffrono ancora oggi di un deficit di solidarietà all’interno dell’UE per la gestione comune dei sistemi di accoglienza.
Per quanto riguarda il capitolo Vicinato e Mondo, il cui budget 2021-2027 ammonta a 110, 597 miliardi, pari al 9,6% di tutto il QFP. Le premesse della Commissione Europea circa i programmi di tale capitolo sono alquanto chiare: una prospettiva di sviluppo globale verrà messa in atto in tutti i paesi in via di sviluppo con i quali l’UE si relaziona, accompagnando tali paesi a trasformazioni politiche ed economiche interne. Sempre nell’ambito di tale capitolo, è stata prevista la creazione/integrazione di cinque strumenti differenti per contribuire l’azione esterna dell’UE.
- Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale
- Strumento di Aiuto Umanitario
- Il Bilancio comune per gli affari esteri e la sicurezza
- Lo Strumento di Assistenza e preadesione
- Lo Strumento europeo per la sicurezza nucleare
La differenziazione di tali strumenti è apprezzabile in termini di chiarezza ed efficienza, permettendo di focalizzarsi su ciascun argomento con uno strumento ideato ad hoc.
Arriviamo ora allo Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale(NDICI), sotto il quale sono stati riassunti ben sette strumenti finanziari già presenti nel QFP 2014-2020. Ciò che appare da tale composizione è come l’Unione Europea abbia riassunto in un unico strumento finanziario una serie di altri strumenti che erano nati per realizzare obiettivi più specifici e diretti ad azioni in campi più circoscritti – e quindi più monitorabili da parte della società civile. Con questo nuovo strumento invece, l’UE ha allocato le proprie risorse finanziarie in maniera sproporzionata rendendo così manifesto l’obiettivo di difesa degli interessi generale, da un punto di vista geografico (con focus specifico sui Paesi vicini e sull’Africa) e tematico (con un’attenzione particolare alla sicurezza ed all’esternalizzazione delle frontiere). L’allocazione delle risorse è stata infatti criticata per essere stata implementata secondo la “necessità politica” dell’Unione stessa, piuttosto che seguendo le richieste dei Paesi beneficiari.
A tal riguardo, Concord Europe, la Confederazione europea delle ONG di soccorso e sviluppo basata a Bruxelles, ha pubblicato un documento di sintesi in cui vengono menzionati alcuni elementi di criticità del NDICI. Tra i numerosi intenti del NDICI, si parla di lavorare sulle cause primarie della immigrazione irregolare. Concord sostiene che non sia questo il metodo adeguato per gestirla, facendo riferimento a cambi radicali nei paesi d’origine, piuttosto che creare un sistema comune di accoglienza tra i paesi membri. Circa il metodo di ripartizione delle risorse di tale strumento, Concord propone che venga fatto uno studio antecedente relativo all’impatto e le vere necessità della società civile di ciascun paese.
Nel nostro articolo precedente abbiamo descritto la ripartizione dei fondi dello Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale, in sintesi i programmi si suddividono in 3 pilastri: geografico, tematico e priorità. Il 76% dei programmi appartiene al pilastro geografico, l’Unione Europea in altre parole dedica fondi specifici a Paesi o enti in base alla loro posizione geografica. La rete di cooperazione per lo sviluppo sindacale (TUDCN) ha considerato la distribuzione dei fondi inadeguata e ritiene più rilevante attribuire maggiori fondi al pilastro tematico. Tra le altre cose, TUDCN ritiene fondamentale una sensibilizzazione ai diritti umani. Infatti, tra i messaggi chiave proposti, vi è un riferimento esplicito al lavoro dignitoso, nell’ambito dei programmi del pilastro geografico e tematico, prevedendo un tempo di sospensione dell’assistenza o del finanziamento ai Paesi in caso di violazione dei diritti umani.
Tuttavia, vi è anche chi sostiene che l’accorpamento di numerosi strumenti sotto un unico, snellisce il processo di monitoraggio e attribuisce maggiore responsabilità democratica alla procedura di finanziamento.
Leggendo vari tipi di documenti circa il nuovo QFP 2021-2027, uno dei termini che ricorre maggiormente è flessibilità. Che cosa si intende per quest’ultima? In seguito all’esperienza della pandemia COVID-19, si tratta di uno degli elementi a partire dal quale l’attuale QFP è stato creato, e si può definire come la rapidità di risposta di fronte alle emergenze e per far fronte a rischi imprevedibili. Tale rapidità si traduce come una immediata erogazione di fondi da parte dello Stato richiedente.
Da ciò, infatti “la flessibilità è incorporata nella struttura dei fondi per gli affari interni”. Ad esempio, alcuni fondi di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente, come ad esempio il Fondo Asilo e Migrazione, il Fondo Integrato per la gestione delle frontiere ed il Fondo di Sicurezza interna, sono direttamente collegati a programmi nazionali, così da poter reagire a situazioni di urgenza direttamente sul territorio. Tale flessibilità, tecnicamente indicata nei documenti ufficiali come “thematic facility”, rappresenta tuttavia anche un rischio perché spesso il budget riservato alle emergenze, viene utilizzato dai governi nazionali per implementare misure di controllo/restringimento in caso di flussi migratori. Infatti, l’uso di tale discrezionalità non è vista da tutti i governi nazionali allo stesso modo. Si riporta ad esempio quanto affermato durante la passata presidenza austriaca al Consiglio: “la flessibilità potrebbe essere attivata per tutte quelle azioni considerate necessarie per ottenere gli obiettivi definiti a livello europeo, tra cui le azioni nei paesi terzi per arginare la migrazione illegale”.
L’AMIF prevedeva che minimo 20% dei fondi totali venisse implementato per l’asilo ed un ulteriore 20% per l’integrazione. Nell’attuale QFP è stata rimossa tale soglia e si rischia quindi che la libertà di spesa possa creare maggiori rischi nella gestione dei fondi.
Rimangono poco chiari alcuni punti e, tra questi, si nota che non vi è ancora una definizione di “cause profonde” della migrazione irregolare e di quella parte del budget totale che viene riservato ad eventuali spese relative alla migrazione. Per questo, nonostante l’evidente aumento di fondi a disposizione del settore della migrazione, “è difficile comparare il peso finanziario effettivo rispetto al budget precedente”.
Il documento, elaborato nel gennaio 2020, “Migration and border management – Heading 4 of the 2021-2027 MFF” del Parlamento Europeo giustifica il significativo aumento di risorse per i programmi legati all’azione esterna dell’UE attraverso consultazioni del Consiglio dell’UE e quindi rappresentanti dei membri, e in base all’esperienza del budget settennale precedente. In base a ciò il documento ha espresso il bisogno di rafforzare i fondi europei, data anche l’incapacità degli strumenti precedenti, legati al controllo delle frontiere, ai sistemi di pre-integrazione, integrazione e rimpatrio, nonché a quelli utili a dare risposte effettive nella gestione dei flussi migratori. Per tale motivo, tra le varie proposte vi era quella della Commissione di espandere parte dei fondi della DG Home, riservati agli affari interni dei membri UE, ai paesi terzi.
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Fonti
https://www.iai.it/sites/default/files/iaip1915.pdf
https://eur-lex.europa.eu/eli/reg/2021/947/oj