Refugee (not) welcome: Ministeri e sistemi di accoglienza nell’Unione Europea

Questo articolo inaugura “Refugee (not) welcome”, la sotto rubrica della nostra sezione dedicata “Alla scoperta delle istituzioni in Europa”. La missione di questa rubrica è di comporre una “guida” per comprendere al meglio la gestione e percezione delle migrazioni in Europa attraverso i Ministeri ed i sistemi di accoglienza in vari Stati europei. Ogni articolo si occuperà di un gruppo di Paesi accomunati da un simile approccio alla questione migratoria, con culture ideologiche comuni e posizione geografica limitrofa.        

Questo primo approfondimento si concentra sui Paesi di frontiera dell’UE: Italia, Spagna, Grecia, Bulgaria e Cipro. Questi Stati sono divenuti la porta d’accesso principale per l’Europa dalla rotta Balcanica e Mediterranea. Ciò ha fatto sì che, a partire dalla crisi migratoria del 2015, questi Paesi si siano trovati ad affrontare flussi migratori senza precedenti, che hanno portato all’affollamento delle strutture di accoglienza ed alla presentazione di un numero senza precedenti di domande d’asilo – spesso senza essere supportati dagli organi comunitari o degli altri Stati membri. Da qui sono derivati approcci alla realtà migratoria comuni e queste simili esperienze di gestione del fenomeno hanno fatto emergere una necessità di revisione del Trattato di Dublino e dei meccanismi di solidarietà europea.

Il processo: ministeri responsabili, ingresso e domande d’asilo

Italia

I migranti soccorsi o giunti presso le coste dell’Italia vengono trasferiti nei cosiddetti hotspot – attualmente attivi sul territorio italiano sono quattro: Lampedusa, Pozzallo, Messina e Taranto. Qui vengono identificati, sottoposti a controlli medici, viene fornita loro una prima assistenza e dovrebbero essere fornite le informazioni relative alla possibilità di presentare domanda d’asilo ed all’iter amministrativo che li riguarda. Il condizionale è d’obbligo dal momento che nella prassi queste informazioni spesso sono fornite in maniera confusionaria, senza il supporto del mediatore e dell’interprete e senza assicurarsi che la persona abbia effettivamente compreso cosa le viene detto. Dopo 48 ore, i migranti che decidono di presentare domanda per la protezione internazionale o lo status di rifugiato vengono trasferiti nei centri di prima accoglienza, attualmente nove sul territorio italiano. Qui soggiornano in attesa di venir convocati per svolgere l’audizione nella Commissione Territoriale competente ad esaminare la loro domanda. La richiesta di protezione internazionale od asilo, si può presentare anche al momento dell’arrivo in territorio italiano alla Polizia di Frontiera od in Questura ed anche in forma orale.

Seppur le varie leggi che disciplinano il processo di esame della domanda di asilo dettino dei tempi relativamente serrati affinché l’iter decisionale venga portato a conclusione – con possibilità di ottenere estensioni e proroghe per comprovati motivi e/o per esigenze di accertamento della Commissione Territoriale stessa –  vari migranti hanno denunciato di aver atteso vari mesi, se non addirittura anni, solo per la convocazione per svolgere l’audizione in Commissione.

Coloro che non presentano la domanda d’asilo, o la cui richiesta viene rifiutata, possono venir trasferiti nei Centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR), così rinominati dalla legge Minniti-Orlando nel 2017. I CPR, come gli hotspot sono spesso sovraffollati ed i migranti, nonostante le disposizioni di legge, vi rimangono per un tempo nettamente superiore rispetto a quello previsto. La situazione in queste strutture è resa ancor più controversa dalle numerose denunce giunte da ONG ed attivisti sulle condizioni di degrado e semi-prigionia in cui versano le persone e dai numerosi episodi di autolesionismo e suicidi che si realizzano al loro interno.               
Una volta ottenuta la protezione internazionale o l’asilo, si passa alla cosiddetta seconda accoglienza, nonché Sistema di accoglienza ed integrazione (SAI), evoluzione del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) dei Decreti Sicurezza del 2018 ed ancor prima del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), in vigore dal 2002. Il SAI è gestito dal Ministero dell’Interno e dall’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e prevede fondi ministeriali per gli enti locali che rispondono ad un bando sempre aperto. Tale sistema, in base ad un approccio all’integrazione orizzontale, prevede assistenza legale e sanitaria, corsi di lingua e supporto di orientamento lavorativo.      
Per far fronte all’insufficienza delle risorse previste per il sistema d’accoglienza, nel 2015 è stato introdotto un nuovo tipo di struttura: i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), dove i migranti dovrebbero rimanere temporaneamente in caso di arrivi troppo consistenti per essere assorbiti dal normale iter amministrativo.    
A livello istituzionale, è il Ministero dell’Interno il principale garante del rispetto delle leggi sull’immigrazione ed è responsabile, in collaborazione con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di ampliare la rete dei CPR e sovraintendere la loro gestione. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, con la Direzione Centrale Immigrazione e Polizia di Frontiera, è responsabile del contrasto all’immigrazione irregolare, che comprende il controllo delle frontiere, la gestione delle espulsioni e delle azioni di contrasto in mare, ed il rilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali coordina le attività di integrazione ed il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale si occupa del rilascio dei visti.

Assieme agli organi nazionali è importante ricordare che l’Italia è affiancata dall’Agenzia Europea FRONTEX, la cui attività è coordinata dalla Commissione Europea, che fornisce supporto nel controllo delle frontiere europee e nella lotta al traffico di esseri umani. Inoltre, nell’analisi delle domande d’asilo, l’Italia fa riferimento all’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (EASO), che vigila che gli Stati membri ottemperino agli obblighi in materia di asilo contenute nelle Direttive europee. Ciò è valido anche per gli altri Paesi discussi in questo articolo.

Spagna

In Spagna il primo luogo dove i migranti vengono indirizzati è il Centro de Estancia Temporal (CETI), competente per: identificazione, prima accoglienza, assistenza medica e trasferimento sulla penisola – se si entra in Europa dalle Isole Canarie – o nelle città autonome di Ceuta e Melilla – se si entra avendo effettuato la cosiddetta rotta del Mediterraneo centrale. Presso i CETI la permanenza è permessa fino a 72 ore, dopodiché si procede allo spostamento in centri di prima accoglienza in base allo status della persona. Ad esempio, vi sono i Centros de Acogida a Refugiados (CAR), riservati ai richiedenti/ beneficiari di protezione internazionale e rifugiati, per 6 mesi. Vi sono poi i regolari centri di accoglienza sparsi per il Paese, dove la permanenza è prevista per un massimo di 18 mesi, prorogabile fino a 24, in caso di vulnerabilità particolari.

Per quanto riguarda le tempistiche, dall’entrata sul territorio spagnolo, si ha un mese per presentare la domanda d’asilo o di protezione, che viene poi esaminata dall’Oficina Asilo e Rifugio (OAR). Quest’ultima la inoltra alla Commissione Interministeriale per l’asilo ed i rifugiati (CIAR), che trasmette la decisione finale al Ministero dell’Interno. Secondo i tempi formali, se entro sei mesi non viene notificata una decisione all’applicante, la domanda è da considerarsi respinta. Per coloro che riescono ad ottenere la protezione internazionale, lo Stato spagnolo assegna un sussidio economico mensile ed offre sia corsi di lingua che professionalizzanti con l’obiettivo di agevolare l’integrazione della persona. Tuttavia, sono noti i problemi di accesso agli alloggi ed al mercato del lavoro, oltre al riconoscimento dei titoli di studio e professione acquisiti nei Paesi d’origine, soprattutto per le categorie più vulnerabili – donne vittime di violenza, anziani, disabili.

La realtà dimostra che spesso i migranti si trovano ad attendere molto più a lungo, a volte fino a due anni, in un limbo legale e senza accesso ai servizi. Nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla su suolo marocchino, la situazione è ancor più delicata: accanto alle numerose denunce di respingimenti e violenze sui migranti da parte della Polizia di Frontiera, coloro che vengono di fatto detenuti nei CETI – incapaci di accogliere la mole di migranti in entrata e con condizioni igienico sanitarie critiche – non vengono mai trasferiti sulla penisola, violando così le disposizioni ministeriali.

Il principale ente governativo responsabile della questione migratoria è la Segreteria di Stato per la Migrazione, costola del Ministero dell’Inclusione, Migrazione e Previdenza Sociale.

Al suo interno, la Direzione Generale dei Programmi di Protezione Internazionale e Assistenza Umanitaria si occupa degli aspetti legati all’integrazione, mentre la Direzione Generale per la Migrazione è responsabile della gestione dei flussi migratori e delle questioni di sicurezza. Inoltre, la Segreteria gestisce il Portale Immigrazione, dove sono contenute informazioni sulla migrazione e la documentazione necessaria per il soggiorno in Spagna.

Grecia

La situazione greca è particolarmente delicata, in quanto crocevia della rotta Balcanica e di quella che interessa il Mediterraneo orientale. I migranti che entrano in territorio greco – molti dei quali sono richiedenti asilo afghani, siriani e iracheni – vengono trasferiti in centri di accoglienza temporanei nell’entroterra e sulle isole dell’Egeo. Com’è tristemente noto, le condizioni di questi centri sono disastrose, dato il sovraffollamento eccessivo e l’assenza quasi totale di servizi igienico-sanitari adeguati. Il caso del campo di Moria, situato sull’isola di Lesbo e distrutto da un incendio nel settembre 2020 è esemplare non solo per le infrastrutture insufficienti, ma anche per gli episodi di violenza e di abusi sessuali, che rendono l’ambiente alquanto complicato per chi vi risiede.

Secondo la legge sull’asilo del 2016, vi sono due differenti iter burocratici per le domande di asilo, a seconda che un migrante venga trasferito sulla penisola o nei campi isolani.

Per questi ultimi, è prevista la “fast-track border procedure”: introdotta con l’accordo tra UE e Turchia del 2016, questa avrebbe risposto all’esigenza di utilizzare una procedura più rapida per prendere in carico tutte le numerose richieste. Tuttavia, è diventata la prassi: essa prevede una prima fase di registrazione a carico di Frontex e della polizia locale per determinare lo status del singolo migrante. In seguito, le richieste vengono inoltrate all’Asylum Service, sotto la supervisione del Ministero per la Protezione del cittadino, che esamina le richieste di protezione internazionale e decide per gli eventuali rimpatri forzati.

I migranti trattenuti sulla terraferma invece, sono sottoposti ad una fase di preregistrazione, in cui viene presentata la domanda di protezione. Nell’attesa, lo Stato consegna un visto di un anno che dà accesso ai servizi sociali, ma senza il diritto di lavorare. Una volta formalizzata la domanda, si attende la convocazione per l’audizione. Tra l’affaticamento del sistema di accoglienza e la mole di domande in entrata, l’attesa supera quasi sempre i dodici mesi previsti. La nuova legge sull’asilo del 2019 voluta dal partito di destra Nuova Democrazia ha reso più semplice rigettare le domande di protezione e asilo, incentivando i controlli e le restrizioni dei diritti dei rifugiati residenti in Grecia.

Tutte le questioni legate all’immigrazione vengono gestite dal Ministero per la Migrazione e l’Asilo, di cui fa parte il Direttorato Generale per la Legislazione sulle migrazioni e il già citato Asylum Service. Il Ministero per la Protezione dei Cittadini, che amministra la Polizia Ellenica, è invece responsabile del controllo dei flussi e di temi legati alla sicurezza e, in linea con un approccio sempre più securitario, con il nuovo governo ha acquisito maggiori competenze e poteri nella gestione della politica migratoria.

Cipro

Data la sua posizione geografica e la sua peculiare situazione politica, Cipro è diventata nel tempo meta dei profughi siriani in fuga dalla guerra civile. Nel 2020 era lo Stato dell’Unione Europea con più rifugiati in relazione al numero della popolazione locale: su un totale di 850.000 abitanti, 13.259 erano rifugiati, rappresentando il 4% dei residenti sull’isola. Il contesto cipriota è simile a quello greco, con la differenza che la situazione è resa ancora più complessa dalla cosiddetta “Linea Verde”, istituita dalla comunità internazionale, che separa l’isola in due parti: la parte Sud sotto la giurisdizione della Repubblica di Cipro; e la parte Nord, amministrata dalla Turchia dal 1974 a seguito di un’invasione dell’isola da parte di quest’ultima, e considerata dal governo centrale di Cipro come territorio occupato dal governo turco. Ciò ha creato un vuoto legislativo, poiché la parte settentrionale dell’isola non è inclusa nel già citato accordo tra UE e Turchia per la gestione dei flussi migratori, e dunque Ankara non ha obblighi di protezione del proprio confine in quel punto. Pertanto, i profughi entrano dal territorio turco e tentano di oltrepassare la Linea nei suoi punti ciechi, superando le truppe ONU lì stanziate, per fare richiesta di protezione nella parte meridionale. Poiché anche qui il sistema di accoglienza è in sovraccarico, di fatto i profughi rischiano di restare bloccati nel Nord del Paese, senza la possibilità di potersi nuovamente spostare.

A Cipro si trovano il centro di accoglienza di Kofinuo e il campo di prima accoglienza di Pournara vicino la città di Kokkinotrimithia, dove i migranti vengono trasferiti per i primi controlli e l’identificazione e vengono “ospitati” al loro interno per almeno 72 ore dal loro arrivo, oltre a vari centri di detenzione per il rimpatrio – secondo le testimonianze, tutti al momento sovraffollati e con scarsi servizi sufficienti.

Anche a Cipro, le questioni migratorie vengono gestite principalmente dal Ministero dell’Interno. Il Dipartimento del Registro Civile e della Migrazione si occupa della capacità amministrativa dei servizi pubblici, mentre l’Asylum Service è il dipartimento che si occupa delle procedure legate alle domande di asilo e della gestione dei centri di accoglienza. Le domande vengono depositate prima presso l’Unità Immigrazione e Stranieri (Dipartimento di Polizia). Infine, il Ministero dell’Interno collabora con il Ministero dell’Istruzione e della Cultura attraverso l’Istituto Pedagogico di Cipro su progetti legati all’integrazione dei migranti, e con il Ministero del Lavoro, della Previdenza Sociale e delle Assicurazioni Sociali per l’assorbimento dei migranti rifugiati nel mercato del lavoro.

Bulgaria

La Bulgaria rappresenta, per una certa misura, un caso a sé stante rispetto ai Paesi analizzati nel presente articolo, in quanto le sue politiche migratorie sono più affini a quelle del gruppo di Visegrad piuttosto che al resto dei Paesi di frontiera. Tuttavia, si è deciso di includerlo in questa trattazione perché rappresenta una delle porte orientali per accedere in Europa e perché, confinando con la Turchia, deve fronteggiare le stesse problematicità in merito alla gestione delle frontiere già descritte in precedenza.

Già nel 2017, a causa di una fuga di notizie, sono emerse le contraddizioni caratterizzanti il sistema di asilo ed accoglienza bulgaro.

Una volta arrivati sul territorio, come per gli altri Stati analizzati finora, i migranti vengono trasferiti nei centri di accoglienza temporanei, con la possibilità di presentare la richiesta di protezione entro 72 ore, presso l’Agenzia di Stato per i Rifugiati (SAR). Ancora una volta in tali contesti, si hanno condizioni precarie delle infrastrutture, personale impreparato e scarso supporto materiale ai migranti, i quali spesso non ricevono alcuna informazione circa il loro diritto a fare richiesta di protezione internazionale per mesi. A ciò, si affianca un alto tasso di rigetto delle domande di asilo. Un dato ancor più allarmante è quello dei rimpatri dei profughi afghani che, nonostante i recenti sviluppi nel loro Paese, continuano a crescere. Secondo i dati, nel 2020 le autorità bulgare hanno rigettato quasi cinquemila domande di protezione ed attuato circa cinquecento respingimenti illegali al confine turco. Su quest’ultimo, inoltre, è stato costruito, un muro di circa duecento chilometri sorvegliato 24 ore su 24.

Il Direttorato per la Migrazione del Ministero dell’Interno si occupa dell’amministrazione dei migranti residenti ed irregolari, mentre l’Agenzia di Stato per i Rifugiati, insieme al Consiglio dei Ministri, è responsabile delle decisioni per l’acquisizione dello status di rifugiato o di protezione internazionale. Dal 2019, il Consiglio Nazionale per la Migrazione, le Frontiere, l’Asilo e l’Integrazione fa da supporto al governo centrale per quanto riguarda le decisioni in materia di immigrazione. Nel marzo 2021, è stata stilata la nuova Strategia Nazionale sulla migrazione della Repubblica di Bulgaria 2021-2025: esemplare dell’approccio al fenomeno migratorio di questo Paese è l’eliminazione del termine “integrazione” dal titolo del documento. In base a tale strategia, i provvedimenti sull’integrazione dei migranti restano vaghi ed imprecisi, ed i progetti sono finanziati esclusivamente dal Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF) dell’UE, e non più da investimenti nazionali.

Il punto sull’integrazione: percezioni e sistemi di supporto per i migranti

Si può concludere che il filo conduttore delle politiche migratorie dei Paesi qui analizzati è l’approccio securitario del fenomeno migratorio. È evidente come gli Stati siano più interessati a proteggere i propri confini e ad arginare i flussi migratori, piuttosto che ad investire sulla gestione di quest’ultimi. Allo stesso tempo, i sistemi di integrazione sono cronicamente sottofinanziati, sia per ragioni economiche nazionali che per orientamento ideologico dei singoli governi.

Se si prende ad esempio l’Italia, è riportato che, con la nomina di Matteo Salvini a Ministro dell’Interno, il numero dei beneficiari dei progetti di inclusione ha raggiunto i minimi storici nel 2019 – arrivando a coinvolgere solo il 18,7% degli aventi diritto. In aggiunta, il Decreto Sicurezza Bis ha ridotto drasticamente i sussidi giornalieri previsti per i migranti, rendendo di conseguenza molto più difficile l’accesso ai servizi – corsi di lingua, supporto legale e sociale, formazione professionale.

Sono stati tagliati anche i finanziamenti destinati ai bandi rivolti alle associazioni e figure professionali fondamentali per il sostegno dell’individuo nel percorso di integrazione.

La situazione economica e l’alto tasso di disoccupazione in Grecia ed in Bulgaria non permettono ai governi nazionali di assorbire appropriatamente i migranti nel proprio tessuto lavorativo, mentre la stigmatizzazione e le discriminazioni xenofobe rendono quasi impossibile l’integrazione sociale. Basti pensare che la Bulgaria non ha un piano nazionale di integrazione dal 2013.

In Grecia, il governo ha predisposto la creazione di nuovi centri di detenzione “chiusi”, dove vigerà un maggior controllo sui residenti, rischiando così di diventare dei veri e propri ghetti. Insieme a Cipro, i due Paesi fanno parte di un gruppo di 12 Paesi europei che hanno richiesto alla Commissione Europea finanziamenti per muri e barriere ai confini europei come mezzi di controllo dei flussi migratori. Infine, sono numerose le testimonianze che accertano la violazione del principio di non-refoulement previsto dal diritto umanitario internazionale da parte di tutti i Paesi qui discussi: tra Italia e Libia, tra Ceuta e Melilla, sul confine turco-bulgaro e nell’Egeo.

Attraverso la rubrica “Refugee (Not) Welcome”, Large Movements ha l’obiettivo di informare e rendere più consapevoli i nostri lettori. Comprendere il funzionamento di alcune delle politiche migratorie europee è strumentale alla costruzione di approcci di accoglienza sostenibile.     
Nella prossima puntata, analizzeremo i Paesi del centro Europa, in cerca di differenze, somiglianze e best practices.

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Fonti esterne e approfondimenti:

European Website of Integration: https://ec.europa.eu/migrant-integration/home_en

Migrant-Refugee country profiles: https://migrants-refugees.va/resource-center/country-profiles/

Guida Pratica per Richiedenti di Protezione Internazionale in Italia: https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/la_guida_in_italiano.pdf

Ministero dell’Inclusione, della Sicurezza sociale e della Migrazione del Governo Spagnolo: https://www.inclusion.gob.es/index.htm

Martini, C. (2020). Il sistema d’asilo in Grecia. https://www.meltingpot.org/app/uploads/2020/07/il_sistema_d_asilo_in_grecia.pdf

European Migration Network (2012). Factsheet about the Organisation of Asylum and Migration Policies in Bulgaria: https://ec.europa.eu/home-affairs/system/files/2021-09/Bulgaria_factsheet_institutional_chart_october2012_en.pdf

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