Con la notizia della comparsa del Coronavirus in Cina e della sua contagiosità sull’essere umano si è diffuso in Italia un sentimento di diffidenza generalizzato nei confronti delle persone di origine asiatica.
Per esempio, abbiamo assistito a episodi di violenza come nel caso di Venezia, dove un gruppo di adolescenti ha aggredito una coppia di turisti cinesi sputandogli addosso. Altro caso è quello di Roma, dove un ragazzo di 15 anni ha minacciato un gruppo di cinesi con una bottiglia rotta gridandogli di andare via dall’Italia perché infetti dal virus. Da quanto detto sembrerebbe che la preoccupazione per il contagio del virus abbia fatto affiorare un sentimento di sinofobia (avversione verso l’etnia cinese), poteva forse già aleggiare latente in attesa di un segnale?
L’evento scatenante comunque sembra essere l’informazione. Come osservato dagli psicologi, infatti, l’emergenza coronavirus ha causato il fenomeno dell’ “infodemia” o ricezione di eccessive informazioni, molte delle quali provenienti da fonti non verificabili. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Micromega, scritto da Nicola Grandi (Professore ordinario di Linguistica presso l’Università di Bologna) e Alex Pivan (suo studente), l’infodemia avrebbe un legame con la difficoltà nel capire un articolo perché scritto con termini al di fuori del vocabolario di base utilizzato dalla maggior parte dei lettori. Secondo quanto riportato dall’articolo sopra menzionato il vocabolario di base è composto da circa 7000 parole, le più ricorrenti nella nostra lingua, mentre molto spesso sulle fonti istituzionali si trovano dei termini per gli “addetti ai lavori”. Questo porterebbe i lettori a informarsi attraverso canali meno ufficiali, quindi meno verificabili ma più comprensibili.
Cosa c’entra l’Infodemia con la discriminazione?
Gli autori dell’articolo “L’infodemia da COVID-19” riscontrano una connessione con il sentimento di panico causato dall’informazione distorta e le reazioni controproducenti. Sostengono inoltre che il tipo di linguaggio utilizzato dai media conduce ad un inasprimento verso un determinato target. L’utilizzo di metafore belliche esorterebbe alla coesione sociale contro un nemico che, essendo di fatto invisibile, viene sostituito con uno più concreto.
A tal proposito interessante è quando dalle fonti ufficiali arrivano delle notizie che veicolano la nostra informazione verso quel nemico concreto e visibile a cui ci si riferiva pocanzi: il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in una conferenza si è riferito più volte al virus con il nome di “China Virus”. Durante la conferenza una giornalista ha chiesto al Presidente se etichettando il virus con questo nome non avrebbe messo a rischio la comunità asiatico-americana. Trump ha risposto, che chiamandolo in quel modo, affermava semplicemente che il virus viene dalla Cina. Nella stessa conferenza, una giornalista ha fatto notare al Presidente che qualcuno nel suo staff avrebbe chiamato il virus “Kung flu” e non c’è stata una vera risposta a questa osservazione.
Sui canali non ufficiali si possono invece trovare vere e proprie fake news come quella dei migranti che sono immuni al coronavirus per ragioni etniche o perché protetti dal vaccino per la tubercolosi. Al riguardo riportiamo quanto scritto sul sito del Governo Italiano nella sezione “Covid-19 – Attenti alle bufale”:
“Il vaccino per la Tubercolosi non ha nulla a che vedere con il Coronavirus: la TBC è dovuta ad un batterio e non a un virus. Si ricorda che le malattie possono fare ammalare chiunque indipendentemente dalla loro etnia.”
Esempi di comunità contro le “bufale” e le discriminazioni da Coronavirus
In questa situazione di Infodemia e coronavirus, oltre ai canali ufficiali, sono nati anche dei movimenti spontanei per il contrasto alle bufale e agli atteggiamenti conseguenti. Ne è un esempio quello della scuola di Prato dove è nata la campagna #viralicontroilvirus su Instagram per combattere la sinofobia crescente con l’epidemia da Coronavirus. Gli studenti hanno così postato delle loro foto con i loro compagni di origini orientali in segno di amicizia e solidarietà. Un altro gesto solidale arriva dalla comunità senegalese di Cotignola che è riuscita a raccogliere 2 mila euro a sostegno dell’Ausl della Romagna. A questi esempi si aggiunge anche la comunità Etiope Oromo di Milano che ha dato il proprio contributo portando cinque carrelli di spesa solidale alla Croce Rossa per chi ne avesse bisogno.
Si può concludere ragionando sull’informazione come veicolo per allontanarci o avvicinarci alla realtà oggettiva, per chiuderci o aprirci verso il pensiero critico. In questa sede è stato riportato l’esempio della sezione fact checking del sito del Ministero della Salute contro le bufale, ma si ricorda che molti Enti e organizzazioni sono impegnate in questa operazione e sono a disposizione di chiunque voglia effettivamente saperne di più.
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Oltre alla Infodemia ti sei chiesto che effetto ha avuto il coronavirus sui diritti umani nel resto del mondo? Leggi il nostro articolo!
Fonti
http://www.romatoday.it/cronaca/cinesi-minacciati-roma-coronavirus.html
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