Il 12 giugno di ogni anno ricorre la giornata mondiale contro il lavoro minorile, indetta per la prima volta nel 2002 dall’International Labour Organization (ILO): l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere il diritto al lavoro e la giustizia sociale.
In quell’occasione gli organismi internazionali si sono riuniti a Ginevra per discutere il nuovo Rapporto Globale dell’ILO, che evidenziava la portata del fenomeno del lavoro minorile a livello mondiale. Le delegazioni di 175 nazioni hanno così iniziato a tracciare le linee guida per un mondo libero dallo sfruttamento dei bambini attraverso il lancio di una campagna contro il lavoro minorile.
Oggi si rinnova l’impegno internazionale per porre fine a questa pratica che viola in maniera massiccia i diritti dell’infanzia, attraverso l’impegno politico delle nazioni nel contrastare le problematiche che costringono centinaia di milioni di bambini in tutto il mondo a lasciare da parte la scuola, il gioco e la socialità per andare a lavorare.
Lavoro e sfruttamento: differenze e criticità
Il lavoro minorile si distingue dallo sfruttamento quando i diritti fondamentali dell’infanzia vengono rispettati e la salute, l’istruzione ed il potenziale del bambino non vengono messe a repentaglio da tale attività. Ciononostante, il concetto viene fortemente criticato a livello internazionale per le condizioni altamente denigranti in cui si svolgono la maggior parte dei lavori dei minori, rendendo labile la linea di demarcazione tra ciò che è concesso e ciò che non dovrebbe esserlo.
Anche le legislazioni dei singoli Paesi si impegnano a contrastare tale fenomeno, nonostante vi siano delle grandi differenze culturali sulla definizione del lavoro minorile e dello sfruttamento. Tali differenze riguardano l’età del bambino, il tipo di lavoro svolto, il settore di impiego, le condizioni e le ore di lavoro.
Il lavoro minorile assume infatti diverse forme.
Ciò che viene considerato positivo alla crescita del bambino – come le attività di cura della casa e di supporto ai genitori, il guadagno di una “paghetta”, il lavoro estivo ed extra-scolastico – resta legittimato purché a partire dai 10-12 anni di età.
Al contrario, sono condannate tutte quelle attività che possono risultare dannose per la salute fisica e mentale del bambino e che gli impediscono di frequentare la scuola e di avere un’infanzia dignitosa – queste attività sono elencate all’articolo 3 della Convenzione ILO. Purtroppo, il lavoro minorile così come definito dal sopra citato articolo 3 colpisce ancora 73 milioni di bambini tra i 5 ed i 17 anni ed interessa moltissimi settori.
Tra questi, l’agricoltura (che da impiego a 7 minori lavoratori su 10), l’edilizia, l’industria manifatturiera, il tessile, i servizi, il lavoro domestico e l’estrazione mineraria. Il lavoro pericoloso uccide quasi 25 mila bambini all’anno, sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati.
Nei casi più gravi lo sfruttamento assume forme di schiavitù, di prostituzione, di traffico dei minori. Il fenomeno dei bambini soldato rientra tra le categorie di lavoro minorile condannate dalle Nazioni Unite. Infatti, il Target 8.7 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile si prefigge di: “[…] garantire il divieto e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, ivi compreso il reclutamento ed il ricorso a bambini soldato, ed entro il 2025 porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme” .
Il lavoro minorile nel mondo
Stando alle stime di Save the Children del 2019, il fenomeno del lavoro minorile riguarda 1 bambino su 10 di cui circa la metà erano impiegati in lavori pericolosi per la propria sicurezza e salute fisica e psicologica. Risulta preoccupante anche il numero di lavoratori di età inferiore ai 12 anni: 73 milioni in tutto il mondo.
Circa la metà del lavoro minorile globale si concentra in Africa con Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad in vetta alla classifica. In questi Paesi lavora più di 1 bambino su 2 e, nonostante gli accordi internazionali volti a combattere questo fenomeno, la situazione ha conosciuto un ulteriore aggravamento negli ultimi anni.
Dal 2002 si è comunque assistito a dei miglioramenti nelle politiche nazionali per eliminare questo tipo di sfruttamento minorile, che hanno portato ad un decremento mondiale di 94 milioni di bambini lavoratori in venti anni. I maggiori progressi si sono registrati nel continente eurasiatico, dove Paesi come l’Uzbekistan e l’Albania sono vicini ad abbattere il fenomeno. Anche in America Latina sono stati compiuti passi avanti, soprattutto in Brasile ed in Messico, mentre il fenomeno è ancora lontano da essere eradicato nei Paesi più poveri dell’Africa.
Nel Sudest asiatico, più precisamente in India, Bangladesh e Thailandia, centinaia di migliaia di bambini e bambine vengono sfruttati nel settore tessile con orari insostenibili e ritmi lavorativi debilitanti. Il fenomeno della fast-fashion sta privando i minori dei propri diritti per alimentare il mercato consumistico dell’Europa e del nord America. In un tentativo di regolamentazione di tale sfruttamento, lo scorso anno Unicef e la Norges Bank Investment Management (NBIM) hanno rilasciato nuove linee guida per le aziende, contenenti misure da adottare al fine di garantire che i diritti dei bambini non vengano violati.
Il lavoro minorile assume forme molto diverse nel mondo, e si manifesta in situazioni di estrema necessità. Il bambino è costretto a lavorare per sopravvivere, spesso anche per portare cibo e sostentamento alla sua famiglia.
Nonostante i dati relativi alla diffusione del fenomeno dallo scoppio della pandemia da Covid-19 non siano ancora disponibili, né sia possibile prevedere gli effetti a lungo termine della recessione economica che ne deriva, possiamo ipotizzare un drastico aumento del lavoro minorile nei prossimi anni. I fattori determinanti sarebbero il crollo dell’impiego nei settori maggiormente colpiti dalla crisi, nonché i milioni di morti registrati tra le fasce più alte di età, che spingerebbero all’abbandono scolastico ed all’ingresso dei figli delle vittime nel mercato del lavoro, per provvedere alla sopravvivenza del nucleo familiare.
Con la designazione della giornata mondiale contro il lavoro minorile al 12 giugno, la comunità internazionale si impegna a combattere attivamente il lavoro minorile nelle sue forme più pericolose, ad eliminare le forme di sfruttamento dei minori e ad alzare progressivamente l’età minima di accesso al lavoro.
Oggi noi di Large Movements ci impegniamo a non permettere che certi fenomeni passino in secondo piano, e che gli sforzi post-pandemia si concentrino anche sull’eliminazione del lavoro minorile in tutte le sue forme, per primo quello che si categorizza come sfruttamento.
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