La protezione temporanea nel caso di arrivo massiccio nell’Unione europea: la Direttiva UE 2001/55/CE

Dopo l’inizio dell’invasione militare russa dell’Ucraina il 22 febbraio 2022, il Consiglio Europeo ha condannato con la massima fermezza l’aggressione militare della Federazione russa nei confronti dell’Ucraina. In tale contesto il Consiglio da subito ha invitato la Commissione Europea a presentare misure di emergenza, evidenziando come l’Unione Europea subisce direttamente le ripercussioni del conflitto “sui propri confini esterni, segnatamente per la crescente pressione migratoria esercitata dalle migliaia di persone che cercano protezione negli Stati membri dell’UE”. Data la natura straordinaria ed eccezionale dell’intervento russo e l’entità dei nuovi arrivi previsti, le istituzioni dell’Unione Europea hanno ritenuto che la Direttiva sulla Protezione Temporanea, la Direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001, fosse in grado di offrire una risposta adeguata alla situazione attuale. 

I contenuti della Direttiva 2001/55/CE 

La Direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001, secondo quanto affermato dallo stesso legislatore europeo, ha lo scopo di istituire norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi terzi, promuovendo al contempo la solidarietà tra gli Stati membri dell’UE che ricevono gli sfollati. In altre parole, gli Stati dell’UE intendono offrire una tutela efficace e tempestiva a persone che ne hanno bisogno in circostanze eccezionali di arrivi di massa e, al contempo, evitare il sovraccarico dei sistemi di asilo dei singoli Stati membri anche attraverso il supporto delle Agenzie dell’Unione (nello specifico FRONTEX, EUROPOL e EUAA). 

La “protezione temporanea” è una procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio di sfollati, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, applicandosi anche ai richiedenti asilo e rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra ed a persone protette ai sensi di altre normative nazionali o internazionali che conferiscono una protezione interazionale. Di conseguenza la protezione temporanea non pregiudica il riconoscimento di detti status. Per questi motivi, le persone che godono di tale forma di protezione devono poter essere in grado di presentare in qualsiasi momento una domanda d’asilo.  

Ai beneficiari della protezione temporanea vengono garantiti diritti di residenza, l’ingresso nel mercato del lavoro secondo le politiche dello Stato membro, l’accesso all’alloggio, l’accesso all’assistenza sociale, l’accesso all’assistenza medica o di altra tipologia mentre ai minori stranieri non accompagnati viene garantito il diritto a un tutore legale e l’accesso all’educazione. A ciò si aggiunge che, ai sensi dell’art. 11 della Direttiva, uno Stato membro riammette una persona che gode della protezione temporanea nel suo territorio qualora essa soggiorni o tenti di entrare illegalmente nel territorio di un altro Stato membro. È però importante evidenziare che gli Stati, sulla base di un accordo bilaterale, possono decidere di non applicare tale disposizione. 

Per poter dare esecuzione alla direttiva 2001/55/CE, il Consiglio accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati con una decisione adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. La decisione si fonda sull’esame della situazione e della portata dei movimenti degli sfollati, nonché sull’esistenza di un conflitto e di una situazione di violenza endemica. Nella decisione: 

  1. vengono descritti i gruppi specifici di persone meritevoli di detta protezione; 
  1. viene dichiarata la data di decorrenza;  
  1. vengono riportate le informazioni fornite dagli Stati membri dell’UE sulla propria capacità ricettiva; 
  1. vengono inserite le informazioni elaborate dall’UNHCR, la Commissione ed altre organizzazioni internazionali competenti sulla situazione di emergenza. 

Al di là dei contenuti della decisione di esecuzione, gli Stati membri detengono un certo margine di discrezionalità nei termini in cui possono ammettere alla protezione temporanea ulteriori categorie di sfollati oltre a quelle previste a patto che siano sfollati per le stesse ragioni e dal medesimo Paese o regione d’origine.  In questo caso lo Stato interessato deve informare il Consiglio e la Commissione ma non potrà beneficiare del Fondo europeo per i rifugiati o dei meccanismi di solidarietà istituiti dalla Direttiva per queste ulteriori categorie. 

In ogni caso, gli Stati membri dell’UE possono escludere dai beneficiari della protezione temporanea una persona su cui sussistano seri motivi per ritenere che abbia commesso, ad esempio,  un crimine di guerra o contro l’umanità, un reato grave di natura non politica al di fuori dello Stato membro di accoglienza prima della sua ammissione, atti contrari ai principi ed alle finalità delle Nazioni Unite, oppure sussistano motivi ragionevoli per considerarla un pericolo per la sicurezza dello Stato membro ospitante. 

La durata della protezione temporanea è pari ad un anno e può essere prorogata automaticamente di sei mesi in sei mesi per un periodo massimo di un anno. Qualora persistano i motivi per la concessione della protezione temporanea, il Consiglio su proposta della Commissione può deliberare a maggioranza qualificata una proroga di un altro anno. Attraverso la medesima procedura il Consiglio può decidere la cessazione di questo tipo di protezione.  

Al termine della protezione temporanea, per scadenza o per decisione del Consiglio, si applica la normativa vigente negli Stati membri in materia di migrazione fatte salve le modalità di rimpatrio volontario o forzato previste dalla Direttiva agli articoli 21 e 22 e per le misure necessarie relative alle condizioni di soggiorno delle persone che, dato il proprio stato di salute, non sono in condizione di viaggiare. 

La protezione temporanea per le persone in fuga dall’Ucraina 

A seguito dell’invasione russa in Ucraina, il 2 marzo 2022 la Commissione Europea ha presentato la Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina. Successivamente, il 4 marzo 2022, il Consiglio dell’Unione Europea per la prima volta nella storia, con la Decisione di esecuzione (UE) 2022/382, ha deciso all’unanimità di attivare la Direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea, stabilendo l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati che hanno lasciato l’Ucraina a seguito del conflitto armato. 

All’articolo 2 viene affermato che la decisione si applica alle seguenti categorie di persone che sono sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022 a seguito dell’invasione militare delle forze armate russe: 

  1. cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; 
  1. apolidi e cittadini di Paesi terzi diversi dall’Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; 
  1. i familiari delle persone che rientrano nelle due categorie precedenti. 

Viene poi specificato che gli Stati membri applicano la decisione od una protezione adeguata nei confronti degli apolidi e dei cittadini di Paesi terzi diversi dall’Ucraina che possono dimostrare che soggiornavano legalmente in Ucraina e che non possono tornare in condizioni sicure e stabili nel proprio Paese di origine. 

È importante notare in tale contesto che la clausola di disapplicazione del requisito dell’impossibilità di ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio Paese di origine ai cittadini di Paesi terzi o agli apolidi che soggiornano legalmente in Ucraina da lungo periodo è stata soppressa nel passaggio dalla proposta della Commissione alla decisione finale del Consiglio. Quest’ultimo ha di fatti deciso di non includere automaticamente tra i destinatari della protezione temporanea i cittadini di Stati terzi che vivevano regolarmente in Ucraina sulla base di un permesso di soggiorno non permanente. Nonostante ciò, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2011/55/CE, gli Stati membri possono applicare la decisione anche ad altre persone che soggiornavano legalmente in Ucraina e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio Paese di origine. Secondo la Decisone però anche tali persone dovrebbero essere ammesse nell’Unione per motivi umanitari senza che gli stessi debbano presentare visto o documenti di viaggio validi, onde garantire loro un passaggio sicuro al fine del ritorno nel Paese di origine. 

Come evidenziato dal Considerando n. 8 della Decisione, i cittadini ucraini sono esenti dall’obbligo di visto all’attraversamento della frontiera. La Decisione fa esplicitamente riferimento al fatto che i cittadini ucraini possono fare ingresso e circolare liberamente nel territorio dell’Unione per un periodo massimo di 90 giorni. Implicitamente ciò comporta il diritto dei cittadini ucraini di scegliere lo Stato membro nel quale recarsi per poi fare richiesta per la protezione temporanea.  

Di riflesso però, la Decisione non prevede un diritto equivalente per i cittadini di Paesi terzi beneficiari di protezione internazionale in Ucraina, gli apolidi o i cittadini ucraini provenienti da Paesi terzi. Questi invece potranno muoversi all’interno del territorio dell’Unione nel rispetto delle disposizioni valide per i cittadini del suo Paese di cittadinanza. In caso invece di ingresso e/o soggiorno irregolare in uno Stato membro, al Considerando n. 15, viene specificato che in una dichiarazione gli Stati membri hanno convenuto di non applicare l’articolo 11 della Direttiva 2001/55/CE. Pertanto, viene esclusa la possibilità da parte di uno Stato membro di riammettere una persona che gode della protezione temporanea nel proprio territorio qualora essa soggiorni o tenti di entrare illegalmente nel territorio di un altro Stato membro.   

Di conseguenza una volta che uno Stato membro ha rilasciato il titolo di soggiorno conformemente alla Direttiva 2001/55/CE, la persona che gode della protezione temporanea dovrebbe poter avvalersi dei diritti derivanti dalla protezione temporanea solo nello Stato membro che ha rilasciato di soggiorno.  

Da ultimo, come previsto dalla Decisone 2022/382, occorre rilevare che coloro che chiedono la protezione devono dimostrare di soddisfare i relativi criteri di ammissibilità “presentando i documenti pertinenti alle autorità competenti dello Stato membro”.  Qualora non siano in grado di presentare i documenti pertinenti, gli Stati membri dovrebbero riorientarli verso la procedura appropriata. A tale proposito, resta da vedere se gli ordinamenti nazionali stabiliranno norme più precise in tal senso e come le prassi nazionali interpreteranno tale requisito.  

Per quanto riguarda l’Italia, sul piano interno, il Governo deve dare attuazione alla Decisione per mezzo di un DPCM come previsto dall’articolo 20 del Testo Unico dell’Immigrazione e dall’articolo 3 del Decreto legislativo n. 85 del 7 aprile 2003, che costituisce la norma interna di recepimento della Direttiva 2001/55/CE.  

Perché solo ora viene attivata la Protezione temporanea? 

La nascita della protezione temporanea trova la sua ragion d’essere negli eventi che stavano interessando l’ex Jugoslavia, in particolare il Kosovo, e nelle preoccupazioni per la situazione degli sfollati, rispetto ai quali risultava urgente l’adozione di misure volte a garantire immediata tutela. Proprio da queste ragioni si evince che questo istituto nasce per essere utilizzato in circostanze eccezionali, senza volersi sostituire ad altre forme di protezione riconosciute in modo da garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Nonostante i diversi scenari di crisi che si sono aperti all’improvviso negli ultimi venti anni, la Direttiva non ha mai ricevuto attuazione, almeno fino agli eventi in Ucraina.  Già all’inizio degli anni 2000, il Consiglio aveva preso in considerazione l’ipotesi di attivare la Direttiva nei confronti degli sfollati iracheni e afghani, ma tale intenzione non venne concretizzata.   

Nuovamente si tornò a valutare l’attivazione della Direttiva nel 2011 alla luce delle c.d. Primavere Arabe che hanno interessato i Paesi Nordafricani. All’epoca, furono i rappresentati di Italia e Malta a chiedere alla Commissione Europea di proporre al Consiglio l’attivazione di tale strumento. La richiesta venne respinta perché le istituzioni europee ritennero che non si fosse ancora raggiunto un numero tale da poter dichiarare l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati.  

Lo stesso accadde tra il 2014 e il 2015, nonostante sembrava evidente l’esistenza di un “afflusso massiccio di sfollati” a seguito del conflitto siriano. In quegli anni l’Unione Europea si è dimostrata immobile dinanzi all’alto numero di persone coinvolte nella situazione di conflitto armato e violenza endemica, nonché di gravi violazioni dei diritti umani, che sconvolgevano la Siria.  Nonostante l’evidente necessità di una tutela immediata e temporanea per i siriani ed i notevoli effetti sui sistemi di asilo degli Stati membri, l’UE decise di non attivare questo strumento e di proseguire per vie alternative.  

Ancor più di recente, possiamo pensare agli eventi che hanno sconvolto l’Afghanistan nell’agosto del 2021. Anche in questo caso si è deciso di non attivare la protezione temporanea. Nonostante le drammatiche immagini che provenivano dal Paese, le testimonianze dirette di chi era sul campo, la situazione di violenza endemica e la persecuzione di donne, attivisti, appartenenti alla comunità LGBTQ+, giornalisti, avvocati od ex collaboratori delle forze occidentali, l’Unione Europea non si è dimostrata in grado di offrire una risposta efficace. Nonostante le ripetute dichiarazioni di condanna degli eventi afghani, non si è riusciti ad attivare uno strumento utile per affrontare la crisi e supportare le persone in fuga. La stessa Direttiva sulla Protezione Temporanea, ad esempio, avrebbe consentito l’uso di corridoi umanitari, in cooperazione con l’UNHCR, con l’obbligo per gli Stati membri di fornire all’occorrenza ogni agevolazione utile per l’ottenimento dei visti. 

Come abbiamo visto, l’attivazione della Protezione temporanea si è sempre scontrata con le resistenze degli Stati membri dell’Unione.  Negli anni gli studiosi hanno evidenziato che ciò poteva essere dovuto, ad esempio, ai seguenti motivi: 

  1. secondo gli Stati il riconoscimento della protezione temporanea potrebbe agire come fattore “attrattivo” delle migrazioni per le persone rimaste nel Paese di origine; 
  1. le difficoltà legate alla procedura di richiesta di attivazione ed al raggiungere la maggioranza qualificata in seno al Consiglio avrebbero impedito l’adozione della decisione di esecuzione; 
  1. la difficoltà nel raggiungere la solidarietà tra gli Stati dinanzi ai fenomeni migratori avrebbe fatto mancare il presupposto autentico per l’applicazione della Direttiva. 

Di fronte all’invasione russa l’Unione Europea ha deciso di dare esecuzione alla Direttiva sulla Protezione Temporanea. A preoccupare però, è l’atteggiamento discriminatorio che abbiamo osservato agli inizi della crisi

  1. la selezione alle frontiere dei migrati sulla base del colore della pelle;  
  1. la volontà degli Stati membri, espressa in sede di approvazione della decisione, di avere una maggiore discrezionalità sull’accoglienza dei “non ucraini”; 
  1. le dichiarazioni dei politici preoccupati da nuovi flussi migratori provenienti dall’Africa con transito per l’Ucraina.  

A ciò si aggiunge un altro elemento affermato dal Memorandum esplicativo allegato alla Proposta di decisione: l’attivazione della Direttiva è parte di una serie completa di azioni dell’UE in risposta all’incursione militare russa in Ucraina e pertanto è in coerenza con l’azione esterna dell’Unione. 

Dietro alla Decisione di attivazione della Direttiva, oltre alla vicinanza e la natura del conflitto ucraino, possono essere ritrovate quindi anche delle ragioni di natura geopolitica come, ad esempio, la difesa delle frontiere esterne o il fatto per cui la Russia rappresenta un nemico per l’Unione, diversamente da quanto può rappresentarlo il regime dei Talebani.  

Fermo restando che la decisione di attivare la Protezione temporanea è fondamentale per dare una risposta alle necessità di tutela degli sfollati ucraini, occorre evidenziare che di fronte alle violazioni dei diritti umani e agli scenari di crisi gli Stati non devono creare rifugiati di serie A e rifugiati di serie B. Ancor meno, di fronte al dramma della guerra, si deve far passare il concetto tra l’opinione pubblica che esistano guerre “vere” e guerre “false” e che le stesse – e le loro conseguenze – debbano essere trattate diversamente.  

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Fonti e approfondimenti 

Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – La protezione temporanea nel caso di arrivo massiccio nell’Unione europea (UE) di stranieri che non possono rientrare nel loro paese. Direttiva europea 2001/55/Ce 

ASGI – Focus giuridico Emergenza Ucraina 

ASGI – Scheda la protezione temporanea per le persone in fuga dall’Ucraina 

A. Del Guercio, La Protezione dei richiedenti asilo nel diritto internazionale ed europeo, 2016 

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